L’Ingegner Luigi Mazzola intervenuto durante la puntata n.227 di Pit Talk, dipinge un ambiente Ferrari in cui le colpe del flop austriaco vanno ricercate anche a livelli più alti.
| di Paolo Senni
La tornata austriaca del mondiale 2020, ha restituito agli appassionati di F1 ed ai tifosi ferraristi solo un mezzo successo (il 2° posto del grandioso Charles Leclerc), a fronte di un disastro completo sul fronte SF1000 e sul fronte Vettel.
L’argomento è stato affrontato durante la puntata di Pit Talk n. 227 insieme all’Ingegner Luigi Mazzola, che ha descritto quelle che per lui potrebbero essere le effettive responsabilità di una debacle decisamente sorprendente.
“È difficile, dire qualche cosa. La “testa” (n.d.r. intendendo con questo termine chi comanda all’interno del team) normalmente è ciò che gestisce, dopodiché ciò che viene progettato è al disotto. Però è anche vero che ciò che gestisce decide poi le persone che devono progettare, quindi direi che c’è una certa correlazione. Bisogna comunque conoscere effettivamente le dinamiche interne alla squadra.”
Sollecitato sulla necessità di dare un nome (in questo caso quello di Mattia Binotto) al referente responsabile del disastro austriaco, in base alla sua esperienza all’interno della squadra del Cavallino, il tecnico ferrarese ha ricordato:
“All’epoca arrivava Montezemolo o l’Avvocato, che mettevano sotto tutti, senza allearsi con qualcuno ai danni di qualcun altro, senza puntare l’indice contro uno solo… Il rimprovero era indirizzato a tutti come se nessuno stesse lavorando. Non c’è mai stato un colpevole, anche se era chiaro (ed all’interno si sapeva chi fosse)…
Alla fine si cercava di andare tutti in una certa direzione. Quello che posso dire, visto che si è fatto il nome, è che all’epoca c’era un presidente che era lì, c’era un direttore generale e poi c’era un direttore tecnico. Ed il direttore generale si rivolgeva al direttore tecnico dicendo: – come mai stiamo andando così piano, cosa sta succedendo?-.
In questo momento Mattia (Binotto) si guarda allo specchio e dice a se stesso: come mai andiamo così piano? Perché se non sbaglio in questo momento lui rappresenta più o meno due figure quella del Team-Principal e quella del Direttore Tecnico. Quindi diciamo che si fa la domanda e si da la risposta, da questo punto di vista. Questa è in qualche modo un’anomalia rispetto a quello che c’era prima.”
Da questo tratto dell’intervista dell’Ingegner Mazzola emerge chiaramente il vero problema della scuderia modenese degli ultimi due anni. L’assenza totale ed assoluta di una linea di condotta univoca e ben definita, una linea che nella logica sportiva della squadra dovrebbe essere dettata dal management gerarchicamente più alto, quello di Luis Camilleri o di John Elkann.
La scelta di avere al comando assoluto, un tecnico progettista qual è Binotto si è rivelata in tutto e per tutto inadeguata, lontana comunque dalle vere necessità di un team legato alla storia di 70 anni di F1, che dovrebbe comunque aspirare a ben altre prestazioni rispetto a quelle ottenute domenica scorsa.
Ne troviamo dimostrazione anche, confrontando le strutture organizzative di team vincenti quali Mercedes (Team Principal: Toto Wolff – Direttore Tecnico: James Allison) e Red Bull (Team Principal: Chris Horner – Direttore Tecnico: Adrian Newey), strutture che sulla loro organizzazione basano la ricerca della vittoria ed i risultati ottenuti negli ultimi anni (4 mondiali per la Red Bull e 6 per la Mercedes).
E va ricordata in questo senso anche la struttura della miglior Scuderia Ferrari degli anni duemila, quella dei mondiali conquistati consecutivamente dal 1999 (per il solo mondiale costruttori) al 2004 che con Jean Todt come team-principal e Ross Brawn comer direttore tecnico ha segnato alcuni dei successi più belli della storia di questo sport.
A tutto questo si somma la pessima gestione di comunicazione del management Ferrari (demandata anch’essa al disorientato Binotto) che a differenza delle Gestioni Montezemolo e Marchionne “brilla” per la sua totale assenza o per la pubblicazione di dichiarazioni colme della più classica retorica.
Sembra quindi che anche l’Ing Mazzola, conoscitore in prima persona delle alchimie del Cavallino, sia d’accordo nel considerare prioritaria una riorganizzazione delle competenze all’interno di una Ferrari che sin dal primo GP di questa travagliata annata 2020 ha mostrato tutti i suoi limiti.
Quest’anno il ridotto numero di gare da disputare, non depone certo a favore di una strategia improntata al recupero. Ed è a tutto questo che dovrà pensare la dirigenza della scuderia modenese preparandosi anche all’avvento dei nuovi regolamenti in ottica 2022. Forse un uomo solo al comando non basta, e se l’uomo è Binotto…