F1 | La cronica memoria corta dell’universo Ferrari

F1 – Il 2020 caratterizzato dal Covid-19 ha portato inevitabilmente ad uno stravolgimento della normale routine della  Formula 1, con gare ravvicinate e una dietro l’altra, tuttavia ha anche mostrato un inizio di stagione piuttosto drammatico per il team di Maranello.

Dopo aver annunciato piuttosto maldestramente la separazione con Vettel, per nulla consensuale come sembrava in prima istanza, ma risoltasi sostanzialmente con un “non rientri più nei piani della squadra, grazie e buona fortuna”, la SF-1000 non ha mai evidenziato una competitività sufficiente non tanto per candidarsi al titolo mondiale, ma per andare a podio in tutte le gare, fino al tracollo dell’Ungheria dove è stata doppiata dalla Mercedes.

Come prevedibile si sono scatenate le dichiarazioni di coloro che hanno fatto parte della storia Ferrari -storia, per l’appunto- come Luca Cordero di Montezemolo, il quale ha detto che sotto la sua direzione in presenza di certi risultati sarebbero tremati i muri, altri hanno rispolverato addirittura Enzo Ferrari in persona, con il proverbiale “se ci fosse lui”. Al netto dei titoloni che servono per vendere i giornali, ma siamo davvero sicuri che chi è venuto prima abbia poi fatto tanto meglio di chi c’è adesso in quel di Maranello?

Ferrari non vince il titolo piloti dal 2007 con Kimi Raikkonen e il costruttori dal 2008. Prima dell’era del dominio Schumacher durato cinque anni, Ferrari non vinceva il titolo piloti dal 1979 (Jody Scheckter) e il titolo costruttori dal 1983 (Ferrari 126 C3). Dal 1950, anno d’esordio della Scuderia Ferrari in Formula 1, il palmares conta 16 Campionati Costruttori e 15 Campionati Piloti. Se pensiamo che i titoli raccolti sono da distribuire in 70 anni di partecipazioni al mondiale di Formula 1, possiamo evincere numeri alla mano che le dichiarazioni dei “Grandi Ferraristi” lasciano ben più di una perplessità.

Sarebbe forse l’ora di iniziare a vedere le cose per quelle che sono, al netto del tifo da stadio e del prestigio che Ferrari si porta dietro. L’attuale gestione è senza dubbio fallimentare, visti i risultati che non arrivano, ma far passare le gestioni precedenti come macchine perfette che hanno fatto man bassa tutti gli anni è decisamente fuori luogo. Forse occorrerebbe un bagno di umiltà, senza iniziare a dire che gli avversari vincono sempre grazie agli aiutini o alle zone d’ombra, zone ampiamente sfruttate da tutti nel corso della storia della Formula 1, nessuno escluso. Invece di considerare bidoni dei Campioni del Mondo che una volta andati via hanno vinto altrove (Prost e Lauda, ad esempio) o dei tecnici giudicati magari inadeguati alla storia Ferrari che, una volta lasciata la scuderia hanno contribuito ai successi degli altri in maniera determinante (Aldo Costa, per citarne uno, ma sarebbero molti), sarebbe meglio spogliarsi da un po’ di presunzione e aprire la mente, magari ad un modo di lavorare differente, perché il prestigio aiuta a vendere il merchandising e a riempire di cimeli i musei, ma alla lunga risulta stucchevole come i racconti dell’Olimpo dei furono, buoni solo per serate malinconiche alla penombra del caminetto.

Che la Formula 1 senza la Ferrari non sia la stessa cosa, può anche essere vero, ma è altrettanto vero che nel motorsport conta solo e soltanto vincere. Non serve dire che si è lottato fino alla fine, non serve scrivere #essereFerrari se poi resta un adesivo da pochi centesimi messo lì per bellezza sopra la vernice rossa, al netto di una tifoseria forcaiola degna del miglior Torquemada, che francamente anche basta, grazie.