In seguito alla rottura tra Ferrari e Sebastian Vettel, le porte della Formula 1 per il pilota di Heppenheim si stanno inesorabilmente chiudendo. Sembra infatti difficile che Vettel possa trovare un accordo per il 2021, non tanto con una squadra che possa consentirgli di lottare per il titolo (come da sue richieste), quanto con un team di media classifica.
Qualcuno ha parlato a più riprese di un anno sabbatico per poi tornare nel 2022 con un circus rivoluzionato da nuove regole e, per forza di cose, nuovi equilibri.Sotto questa luce, il paragone con Alain Prost è stato quasi automatico, tuttavia si tratta senz’altro di situazioni profondamente differenti, non solo perché la Formula 1 di Prost è lontanissima per mentalità e momento storico, ma anche perché la percezione che le squadre hanno del tedesco quattro volte Campione del Mondo è ben diversa da quella che il francese aveva nella sua epoca.
“Nel complesso il migliore per me è stato Alain Prost. Ha sempre avuto una visione delle gare superiore a tutti gli altri, davvero molto intelligente. Non era veloce come Ayrton Senna ma rispetto a lui sapeva portare a casa il risultato anche con più pazienza.” Stefan Johansson
Analizzando questa dichiarazione di Stefan Joahnsson, ex pilota del Cavallino Rampante nel 1985 quando fu chiamato a sostituire Renè Arnoux, Rookie of the year nel 1992 in Formula CART e vincitore della 24 Ore di Le Mans nel 1997, possiamo già comprendere la netta differenza che corre tra Vettel e “Il Professore”. Sì, perché il soprannome che il francese si era guadagnato nel circus, era tutt’altro che casuale: Prost era calcolatore, maniacale nella messa a punto, con una visione di gara incredibile e una freddezza assoluta. Quando si pensa ad un pilota costante, che praticamente non fa errori e che riesce a tirare fuori il meglio dal mezzo che ha a disposizione, il nome è uno solo: Alain Prost. Sul fronte della tenuta mentale, Vettel è universalmente riconosciuto come pilota “incline a crisi di nervi”, che in determinate situazioni arriva facilmente all’errore: nel 2007 in Giappone colpì Webber in regime di Safety Car, nel 2012 ad Abu Dhabi sempre in regime di Safety Car, colpì i cartelli a bordo pista che segnalavano la zona DRS, nel 2010 in Turchia l’incidente sempre con Webber fino ad arrivare a Baku 2017 con la ruotata rifilata deliberatamente a Lewis Hamilton.
Facendo un paragone a livello di carriera e di valore dei propri compagni di squadra, il numero di titoli mondiali tra Prost e Vettel è assolutamente identico, tuttavia le circostanze nelle quali i due piloti sono arrivati alla conquista dello stesso numero di titoli sono ben diverse. Vettel è stato il miglior interprete delle auto ad alto carico aerodinamico e dell’era degli scarichi soffiati, vincendo quattro mondiali con la Red Bull, gioiello uscito dalla matita del geniale progettista Adrian Newey.
Prost ha vinto tre mondiali con la McLaren (1985 – 1986 – 1989) e uno con la Williams (1993), disponendo però della miglior macchina dello schieramento sono nel 1989, con Ayrton Senna come compagno di squadra e nel 1993. Nel 1985 infatti, la McLaren se la giocava con la Ferrari di Michele Alboreto e nel 1986 la McLaren era nettamente inferiore alla Williams di Mansell e Piquet. Quattro mondiali vinti non sempre con la miglior monoposto e con compagni di squadra del calibro di Ayrton Senna e Nigel Mansell, Campioni entrati con autorevolezza nella storia della Formula 1, al contrario di Vettel che nel quadriennio iridato se l’è dovuta vedere con un compagno di team come Mark Webber (un ottimo pilota che avrebbe meritato miglior fortuna soprattutto in Red Bull) ed è stato poi messo dietro dal giovane Ricciardo prima di passare in Ferrari, dove ha regolato un Kimi Raikkonen a fine carriera prima di incontrare lo scoglio Leclerc.
Oltre al paragone puramente sportivo, non ci si può di certo esimere dal fare alcune considerazioni in merito alla Formula 1 a cavallo degli anni ’80/’90 rispetto alla Formula 1 attuale. All’epoca di Prost in Formula 1 arrivavano piloti spesso vincenti nelle categorie inferiori o direttamente dalla Sport Prototipi, piloti che avevano fatto esperienza in categorie propedeutiche difficili e combattute. I contratti potevano valere anche una gara soltando, si assisteva sovente infatti ad avvicendamenti a stagione in corso, i team potevano provare, sviluppare la monoposto senza limiti, facendone all’occorrenza esordire una nuova nel corso della stagione. La Formula 1 attuale è una categoria molto complessa, dove conta il peso politico e la valigia per comprarsi il sedile, dove lo sviluppo tecnico è congelato, i contratti sono triennali e totalmente blindati a suon di clausole e penali in caso di rescissione anticipata. Anche in questo frangente, Vettel sembra aver fatto scelte incomprensibili, stando fuori dal social network (base fondamentale per avere sponsor e visibilità) e camminando sulla strada solitaria dell’essere un pilota senza manager, avulso quindi da qualsiasi gioco politico.
Due scenari diversi, due epoche diverse, due piloti diversi. Il Professor Prost, meticoloso, calcolatore e vincente anche quando il mezzo a disposizione o i compagni di squadra non costituissero la situazione ideale, freddo al punto da ritirarsi da Campione in carica perché aveva capito (prima degli altri) quanto le monoposto fossero diventate troppo veloci e quanto l’abolizione delle sospensioni attive le avrebbe fatte diventare instabili su circuiti non più idonei ad ospitare auto da corsa così performanti. Dall’altra parte il ragazzo di Heppenheim, sempre in equilibrio tra passione ed emotività, alla ricerca di un ultimo ballo.