F1 | Scatola del cambio Ferrari, solo l’Austria dirà se tutto è risolto

La Ferrari quest’anno in fase di progettazione della SF1000 ha puntato molto sulla rastremazione della zona posteriore della vettura ed ha per questo lavorato moltissimo anche sulla miniaturizzazione della scatola del cambio. Una Ferrari slanciata con ingombri minimi nella zona del diffusore che ha provocato però qualche problema. Ora dopo gli interventi intrapresi, solo la è pista potrà dire se la problematica sarà stata risolta.


Come era stato svelato da Motorsport.com, i tecnici di Maranello dopo un’attenta analisi dei dati, raccolti durante i test invernali, si erano accorti di alcuni inaspettati problemi alla scatola del cambio. Grazie all’utilizzo, infatti, di particolarissimi sensori si erano potuti rilevare dei fenomeni di flessione e deformazioni che probabilmente avevano origine proprio dall’estrema miniaturizzazione della scatola della trasmissione che di fatto aveva perso la rigidezza necessaria per resistere a forze di sollecitazioni intense. Flessioni minime che influenzavano l’assetto della vettura e l’affidabilità stessa di questo sofisticatissimo componente meccanico.

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Il problema più importante si manifestava nel momento della percorrenza delle curve veloci, quando la deformazione della scatola del cambio aveva effetto anche sull’assetto della monoposto. Buona parte, infatti, dei leverismi delle sospensioni posteriori sono ancorati sulla struttura che ospitano gli ingranaggi del cambio e queste possono quindi far variare (anche se in maniera lievi) le altezze e l’assetto della vettura. Una leggera variazione al posteriore che può avere effetti anche all’anteriore con fenomeni di sottosterzo o sovrasterzo. Non va trascurato inoltre l’aspetto affidabilistico che a causa della deformazione della struttura poteva generare uno stress meccanico più elevato agli elementi interni, generando surriscaldamenti e possibili cedimenti.

Con la riapertura della GeS di Maranello quindi, si è cominciato subito al lavorare a questa problematica introducendo alla scatola delle modifiche sia strutturali che di posizionamento diverso delle pelli di carbonio in modo da contrastare questa fenomenologia dannosa e conferire all’elemento meccanico una migliore rigidezza. Successivamente si svolgeranno altri test dinamici per verificare l’efficacia delle azioni correttive intraprese ma il dubbio rimarrà fino al ritorno delle attività in pista. Infatti, solo e soltanto la pista potrà effettivamente dire se tutto sarà stato risolto sottoponendo la vettura a quella sommatoria di forze contemporaneamente che nessun banco dinamico al momento può riprodurre.

Per quanto, infatti, siano complessi ed evoluti i banchi dinamici riprodurre fedelmente le forze in azione con la stessa intensità e contemporaneità è, ancora oggi impossibile. Simulare gli effetti contemporanei di: spinta verticale, laterale, carichi longitudinali e deformazione da calore è praticamente oggi irrelaizzabie, se non in pista. Per quanto la tecnologia simulativa faccia passi in avanti continui, il test in pista rimane il mezzo più efficace per sviluppare ma vettura. Bisognerà quindi attendere la prima gara del mondiale del 5 luglio e solo l’Austria potrà dirci se quella che scopriremo sarà una SF1000 completamente rinata e più performante di quella vista nei test invernali.