F1 – La scuderia britannica fondata da Jack Brabham e Ron Tauranac era passata sotto la guida di Bernie Ecclestone nel 1972 e nei disegni dell’ex manager di Jochen Rindt, non c’era solo la gestione pura e semplice di un team di Formula 1, ma anche e soprattutto l’istituzione di un’associazione (la FOCA) che si contrapponesse alla FIA in materia di distribuzione premi, iscrizioni al mondiale e sfruttamento dei diritti televisivi. Questo elemento apparentemente avulso dalla Brabham BT52 in senso stretto, lo approfondiremo dopo.
Nel 1983 la Formula 1 assisteva ad uno dei numerosi cambi di regolamento: l’abolizione delle wing car e della possibilità di generare carico grazie al famigerato “effetto Venturi”, costringeva i progettisti a ripartire dal foglio bianco e ridisegnare completamente le vetture. Gordon Murray elaborò una monoposto particolarmente estremizzata nei concetti, le pance laterali erano infatti molto corte e ospitavano dei radiatori molto compatti e troppo vicini alle sospensioni posteriori. Il telaio riuniva due filosofie, ovvero la fibra di carbonio nella parte superiore e l’alluminio a nido d’ape nella parte inferiore. Il motore BMW M12/13 progettato da Paul Rosche era un quattro cilindri in linea 1499 cc, sovralimentato e montato longitudinalmente, soluzione che permetteva di ridurre gli ingombri e configurare un retro-treno decisamente compatto. La potenza erogata in gara era di circa 750 cv, tuttavia il dato più impressionante era la potenza erogata in configurazione da qualifica, di circa 1300 cv. Quello che non tutti sanno è che questo motore che passò alla storia come uno dei migliori motori dell’era turbo, era in realtà derivato dalla produzione di serie: il monoblocco infatti, era basato sul BMW M10, lo stesso montato sulla BMW 318 E21. Il cambio era un Hewland a 5 rapporti, le sospensioni avevano una configurazione push-rod e la Brabham era fornita di pneumatici Michelin. Guardandola dall’alto, la BT52 ricordava la classica “freccia”, velocissima sul rettilineo e molto maneggevole.
Per la stagione 1983 la Brabham schierava il pilota brasiliano Nelson Piquet e l’italiano Riccardo Patrese, con quest’ultimo chiamato ad un lavoro di sviluppo che veniva poi immediatamente tradotto anche sulla vettura del brasiliano, pedina fondamentale l’anno prima per ottenere la motorizzazione BMW, partecipando al Mondiale Endurance e vincendo la 1000 km del Nürburgring con la BMW M1 in coppia con Hans-Joachim Stuck. La stagione partì bene con Piquet subito vincitore in Brasile, tuttavia lo scetticismo iniziale sulla monoposto si rivelò fondato: i radiatori posti così indietro non permettevano alle sospensioni di lavorare in maniera ottimale, sia come ingombro che come surriscaldamento e, nei successivi gran premi, la Renault R40 guidata da Alain Prost e la Ferrari 126 C3 di Renè Arnoux sembravano le candidate ideali per la conquista del titolo. Nella prima parte della stagione, Piquet ottenne complessivamente una vittoria, un secondo posto in Francia e un secondo posto a Montecarlo, qualche altro piazzamento e tanti, troppi ritiri per problemi di affidabilità. Il brasiliano e Patrese erano infatti molto scontenti della BT52 che tendeva a rompersi spesso costringendo entrambi i piloti al ritiro o a rocamboleschi rientri ai box.
Nella parte finale della stagione, Gordon Murray mise nuovamente mano ai disegni per cercare di sopperire agli evidenti limiti della vettura e, dopo alcuni test sul circuito di Silverstone, la macchina venne rivista sia a livello di masse radianti sia a livello di cofano motore, completando la specifica “B” con un “fine tuning” delle sospensioni per aumentare il livello del pacchetto vettura e permettere di competere con Ferrari e Renault. Grazie alla BT52 B, Piquet vinse a Monza e a Brands Hatch, mentre Patrese vinse sul circuito di Kyalami in Sud Africa con Piquet Campione del Mondo giunto terzo senza prendersi inutili rischi.
Quella della Brabham BT52 sarebbe la classica storia a lieto fine caratterizzata da un progettista ardito e da due ottimi piloti, tuttavia per dovere di cronaca non si può di certo tralasciare la contestazione nata intorno alla potenza erogata dal motore BMW grazie all’utilizzo di benzina irregolare sviluppata dalla Castrol. Grazie all’influenza acquisita da Bernie Ecclestone a livello politico, Brabham utilizzò, secondo alcune teorie, impunemente una benzina non commerciale bensì studiata appositamente in laboratorio. Questo escamotage permetteva di non eccedere nel numero di ottani ma di avere un carburante più performante rispetto a quello dei rivali, anche perché all’epoca le misurazioni sulla benzina non erano precise come oggi e, spesso, cambiavano di paese in paese. Alcune indiscrezioni dicono che Ecclestone inviò una lettera di scuse alla FIA nella quale ammetteva l’utilizzo di benzina irregolare, atto fatto in assoluta buona fede, scusandosi con Ferrari e Renault. Dal canto loro i rivali non fecero mai reclamo ufficiale, dopo tutto grazie ad Ecclestone la Formula 1 stava diventando un fenomeno globale, con diritti televisivi venduti a cifre faraoniche e ritorni di immagine senza precedenti rispetto al passato.
La storia della BT52 si conclude con due pole position, quattro vittorie e cinque giri veloci su quindici gran premi disputati, bottino non eccezionale e per altro non sufficiente ad aggiudicarsi il titolo costruttori, vinto dalla Ferrari.