Nella giornata dedicata alla memoria di Gilles Villeneuve, scomparso 38 anni fa, raccontiamo la storia del GP di San Marino del 1981, gara nella quale Gilles cercò di andare in tutti i modi contro le avversità del meteo ma senza fortuna.
| di Federico Sandoli
Il primo GP di San Marino fu disputato nel 1981 a Imola all’Autodromo Dino Ferrari, iniziando cosi una tradizione che sarebbe continuata fino al 2006.
In quell’edizione la corsa fu teatro di diverse polemiche sulla regolarità della Brabham di Nelson Piquet dotata dei correttori d assetto. Da notare che alla fine della stagione precedente, l’elevato numero di incidenti spinse la FIA ad eliminare le minigonne dalle vetture di F1.
Questa modifica era volta a far diminuire la velocità di percorrenza nelle curve. Ma per compensare a tale mancanza, il geniale progettista della Brabham, Gordon Murray, escogitò un sistema con il quale alle verifiche la vettura risultasse conforme ai regolamentari che imponevano una altezza di almeno 6 cm da terra mentre in corsa la stessa vettura riusciva ad abbassarsi fino a ricreare lo stesso effetto suolo perso a causa del regolamento.
L’aspetto legalitario interferì parecchio con l’andamento della manifestazione. Le qualifiche del venerdì iniziarono con tre ore di ritardo sul programma stabilito e, nonostante il ritardo, il pubblico, per niente spazientito, continuava ad inneggiare alla Ferrari, quasi una religione laica in Emilia Romagna.
Alla fine le prove si disputarono e la griglia provvisoria vide Arnoux con la Renaut e Villeneuve con la Ferrari spiccare i migliori tempi. Terzo, più staccato, Nelson Piquet.
L’impresa era nell’aria. Il pubblico affluì numeroso e complice l’ennesima modifica-miracolo dell’ingegner Forghieri (ovvero un distanziale di 15 cm che rese il passo della vettura più lungo quindi più adattabile alla pista) Villeneuve fece segnare un tempo che gli valse la sua seconda e ultima pole position.
Gilles e la Ferrari avevano riscaldato il pubblico, infreddolito per il meteo inclemente, e si preparavano a vivere il gran premio da protagonisti come non accadeva ormai da quasi due anni.
Il giorno della gara la pioggia scompigliò le carte e i piani. L’unico tranquillo pareva il canadese. Noi tifosi sapevamo che l’acqua non sarebbe stato un problema, anzi lo avrebbe avvantaggiato. E infatti fu così.
Alla partenza la Ferrari, solitamente lenta per effetto del motore turbo, sembrava un airone tanto riuscì a involarsi davanti a tutti. Al Tamburello Reutemann provò a forzare la posizione su Villeneuve ma il canadese era di una pasta diversa e, tenuto giù il piede, obbligò l’argentino a desistere avvantaggiando il proprio compagno Pironi che, alla staccata della Tosa, si ritrovò secondo, dietro il compagno, senza però velleità strane, quasi sentisse che il suo momento non era ancora arrivato.
L’urlo della Ferrari turbo era sopito dal tifo del pubblico, esaltato da tanto spettacolo. Erano due anni che le rosse non sembravano cosi forti, e il canadese li davanti dava l’idea di essere particolarmente a suo agio per quanto pareva irraggiungibile per tutti.
Al quindicesimo giro, Gilles azzardò. La sua sensibilità lo portò a sentire l’asfalto asciugarsi e, anticipando tutti, entrò ai box a montare le gomme d’asciutto. La Ferrari numero 27, stabilmente al comando, uscì al decimo posto, ma se l’azzardo avesse pagato, si sarebbe potuto trovare al comando in pochi giri.
Dunque, nonostante fosse decimo su un asfalto umido, Gilles affrontava le curve come avesse una macchina da rally. In testa vi era l’altra rossa, quella di Pironi, che sembrava pian piano impossessarsi della corsa, tanto che Patrese e Piquet parevano impotenti, quasi dei comprimari della regina della F1.
Per il pubblico quella Rossa davanti dava gioia, cosi come anche quella di Gilles, ma solo per pochi altri giri. Arrivò infatti un nuovo scroscio di pioggia che ammutolì il pubblico e vanificò gli sforzi del canadese. Ma lui, Gilles, indomito, si rituffò nei box a montare le rain. Gara persa? Forse.
Pironi davanti cominciò a rallentare, i teleobiettivi delle macchine fotografiche furono i primi testimoni visivi di un particolare della macchina che stava cominciando a staccarsi. Una bandella – non chiamiamole minigonne, la ragion di stato le aveva abolite – pian piano che andava staccandosi faceva abbandonare ogni speranza di vincere il gran premio alla Ferrari nr. 28.
Gilles intanto dietro dava spettacolo misurandosi con avversari che la sua Ferrari la vedevano solo nei doppiaggi. Ma la grinta del canadese fu tale da intimidirli tutti. Il ferrarista riuscì a recuperare fino a quando le orecchie esperte degli spettatori alla Tosa, si accorsero che le cambiate assunsero un ritmo e un suono diverso. Villeneuve era quinto, sembrava quasi una vittoria, ma nulla potè per contenere la McLaren di Andrea De Cesaris che, di slancio, lo passò lasciando la rossa impotente a guardarlo.
Mentre Pironi rallentava per non perdere definitivamente la bandella, perdendo così la corsa, Gilles cercò di continuare ma con un ritmo talmente claudicante da relegarlo al settimo posto.
Pironi quinto e Villeneuve settimo fu il risultato finale di una corsa che agli inizi dava ben maggiori speranze. Il pubblico masticò amaro ma Gilles e la Ferrari dimostrarono che stavano arrivando.
Nelle interviste post gara il canadese si lamentò della mancanza di fortuna ma diede appuntamento al pubblico per l’anno prossimo perché in cuor suo sentiva che il GP di San Marino 1982 sarebbe stata la sua corsa. In effetti aveva ragione. Un anno dopo, su quella stessa pista, Gilles metterà le basi per diventare un mito.