Oggi, 40 anni fa, nacque il team Minardi di F2. Da li, poi, tutto il resto. Un tributo alla scuderia e al patron di Faenza che hanno saputo scrivere pagine ed emozioni indelebili nel grande libro del motorsport.
di Francesco Svelto | Follow @f_svelto
Oggi la Minardi compie 40 anni. Quattro decadi non dal primo GP di F1 della scuderia di Faenza ma dalla nascita del team di F2, quello da cui nacque tutto il resto, tutto quanto.
Non stiamo qui ad elencare quante ne abbiano passate Gian Carlo e i suoi collaboratori in giro per il mondo, fino a quella fine 2005 quando, dopo addirittura 340 appuntamenti iridati, a Faenza finì tutto nelle mani di Red Bull. No, non elencheremo quanti piloti sono usciti da quel box per poi diventare campioni leggendari. Sarebbe forse riduttivo e ripetitivo.
Voglio soltanto pensare al lascito emotivo che quella piccola scuderia nata il 19 dicembre 1979 ha dato al mondo del motorsport. Di sicuro, ci scommettiamo, neanche i membri presenti quel giorno ne avrebbero potuto essere consapevoli di stare iniziando qualcosa di grande, molto grande.
Un convoglio di emozioni pure, di essenza adrenalinica autentica che si distoglievano – e tanto – da quei modi di fare asettici, congelati e robotizzati di chi apparteneva ai “primi della classe”, all’elite sportiva e politica del motorsport di quegli anni.
La Minardi è stata soprattutto una storia di uomini, una storia di scelte quasi sempre azzeccate, più in generale una storia bellissima di sport. Di quelle che vanno raccontate ai figli e poi ai nipoti. Ed era – anzi è – una cosa tutta italiana, romagnola (da quelle parti, ci scommettiamo, saranno più che gelosi di tutto ciò!).
Un lascito, dicevamo; una fonte di ispirazione a tal punto da rivedere pochi mesi fa, in quel di Le Mans, addirittura i colori di una M192 sfrecciare veloci sul circuito de La Sarthe. Roba da chiedersi: ma sto bene? Sto sognando? E invece no. Succedeva che un team di un magnate olandese, talmente affascinato dalla storia di cui sopra, aveva deciso di omaggiare Minardi e la Minardi sfoggiando i suoi colori in segno di tributo (nota: quei colori avrebbero vinto di li a poco la 8h del Fuji, ma questa è un’altra storia). Ecco appunto, dicevamo del lascito, dell’ispirazione…
E quindi tutto qui (si fa per dire). Queste poche righe come piccolo tributo e tanti auguri di buon compleanno, Minardi. Consapevoli che di storie cosi belle e autentiche forse nessuno ne scriverà più. Teniamocela stretta.
Francesco Svelto