Al capitolo terzo de “L’arte della Guerra”, Sun Tzu affronta l’affascinate tema dell’attacco strategico. Materia padroneggiata brillantemente dal Dottor Marko, che da buon generale non perde occasione per creare scompiglio tra le fila nemiche.
di Filippo Toffanin
Il filosofo cinese vissuto tra il VI e V secolo a.c. è senz’ombra di dubbio uno degli autori preferiti del Senior Advisor della Red Bull. “Se l’esercito è disunito e confuso, i sovrani vicini avranno terreno facile per creare turbamenti”. Come non cogliere assonanze con il clima Ferrari post-Sochi? Tra i mal di pancia di Leclerc e la combattività di un Vettel ritrovato, l’esercito rosso viene riportato come lacerato al suo interno, con il generale Binotto alla ricerca di delicati, fragili equilibri.
Ed ecco allora che Helmut Marko si insinua nelle menti, prima ancora che tra le fila, dei suoi avversari, attraverso un’intervista rilasciata all’emittente austriaca Servus TV.
“Vettel aveva trovato una configurazione per la gara migliore. Leclerc non l’avrebbe mai superato. Era semplicemente il più veloce. La Ferrari voleva scambiare le posizioni, ma Vettel ha allungato deliberatamente. Aver invertito le posizioni con quella fermata ai box va contro la giustizia e lo sport.
La Ferrari ha manipolato il risultato della gara in Russia.” Marko la mette poi sul piano dell’etica sportiva: “A loro piacciono questi giochi politici. C’è un grande rischio e la maggior parte delle volte non funzionano, ma fanno parte della loro cultura – che semplicemente è diversa dalla nostra”.
Non è nemmeno la prima volta che il dottore corre in soccorso del pupillo Vettel. Negli ultimi mesi il pilota tedesco sembra essere al centro dei pensieri del consulente del team di Milton Keynes – certamente più di Gasly o Albon. Vettel stesso è solito passare del tempo in compagnia degli ex colleghi nei week-end di gara.
Abitudine peraltro indigesta, secondo i rumors del paddock, ai vertici di Maranello. In questo delirio d’amorosi sensi molti osservatori si sono spinti oltre, delineando possibili scenari di ritorno alla base per il quattro volte campione del mondo, magari già dal 2020.
Una trama giustificata anche dal declino, quasi inesorabile, del junior team Red Bull capitanato proprio dal manager austriaco. L’ultimo dei Mohicani, Max Verstappen, è stato seguito da una serie di talenti apparentemente appannati, tanto da non garantire per la stagione ventura un prodotto affidabile da affiancare all’olandese volante.
I problemi di Red Bull sono però anche sul fronte tecnico. La strategia di crescita di Honda com’era prevedibile sta avendo effetti pesanti sui piazzamenti del team, con i piloti costretti a partire dal fondo della griglia per scontare dolorose penalità. In una trasferta asiatica che avrebbe dovuto sancire il ritorno alla vittoria della scuderia guidata da Christian Horner, la crescita impetuosa di Maranello ne ha sconvolto le aspettative, creando qualche malumore nell’entourage di Max Verstappen. Non stupisce quindi che Marko voglia spostare l’attenzione altrove.
“Prima di arrivare in Australia avevo promesso che avremmo vinto cinque gare in questa stagione, e penso che possa essere ancora possibile. Siamo stati veloci anche a Spa e Monza, ma abbiamo dovuto prendere delle penalità, proprio come in Russia”.
Per vedere se il Giappone vedrà il riscatto sul campo dell’esercito Red Bull, dovremo attendere ancora qualche giorno. Nel frattempo siamo sicuri che il Dottor Marko non si lascerà sfuggire occasione per preparare il suo personalissimo attacco al potere.
Filippo Toffanin