F1 | Caffi su gestione Ferrari e problematiche post-Marchionne

Alex Caffi intervenuto a Pit Talk ci ha parlato della difficoltà di essere a capo della Ferrari. Secondo il bresciano, però, in negativo per le rosse sta influendo anche la scomparsa di Marchionne e la mancanza di una linea guida forte e decisa che avrebbe portato a raccoglierne i frutti proprio ai giorni nostri. 

di Francesco Svelto |

 

Alex Caffi è stato uno dei nostri portacolori in un’epoca – quella a cavallo tra gli 80 e 90 – in cui partecipare ad un Gran Premio di F1 non era affatto una cosa scontata. Protagonista con Osella, Scuderia Italia e Footwoork, Caffi è stato ha saputo mettersi in luce nonostante le vetture molto spesso gli negassero la possibilità di lottare per qualcosa di veramente importante.

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Nonostante ciò, fantastiche furono le prestazioni del pilota di Rovato in quel di Montecarlo, dove sfiorò il podio in due occasioni e la qualifica di Budapest nel 1988 dove con una superba prestazione issò la sua Dallara in seconda fila. Ma queste sono altre storie che vi racconteremo in articoli dedicati.

Da qualche tempo Alex Caffi ha un proprio team nella Nascar Euro Series, per cui sta provando l’esperienza di essere al di la del muretto box, al posto di chi deve prendere decisioni importanti per il team e i propri piloti. E proprio per questo, intervenuto durante la puntata 195 di Pit Talk, non potevamo non domandargli un parere sull’attuale situazione del muretto box Ferrari:

Premettiamo che essere piloti della Ferrari o gestire la Ferrari sono lavori tra i più complicati nel nostro mondo motoristico. Si tratta di un team importantissimo ma di difficile gestione. I tempi migliori sotto questo punto di vista sono stati quelli dell’era Schumacher perché il tedesco era, per contratto, il pilota numero 1 e ovviamente al suo fianco vi era un pilota numero 2.  

Purtroppo la Ferrari, sia prima di quell’epoca che dopo, è ritornata ad essere la Ferrari di sempre, con molta politica interna e difficoltà di gestione. Il fatto che poi Marchionne sia venuto a mancare improvvisamente è stata un po’ la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Probabilmente era lui l’unica persona – al di la di simpatie, antipatie e dicerie varie – che era riuscita nel proprio intento e la Ferrari avrebbe racconto i risultati di quella gestione probabilmente oggi, in questi anni.

Poi purtroppo c’è stato l’avvicendamento tra Arrivabene e Binotto e, a riguardo, è stato gestito tutto molto male. E’ stata gestita male anche l’uscita di Raikkonen, una situazione che proprio non riesco a capire creata dal mio concittadino (Arrivabene e Caffi sono entrambi bresciani, n.d.r.). Invece di comunicare la decisione tra il sabato e la domenica di Monza potevano tranquillamente aspettare il lunedì dopo o qualche settimana o anche qualche mese. La Ferrari non deve certo giustificare nulla a nessuno. 

Binotto, Leclerc, Vettel, Ferrari, 2019Poi un’altra negatività vi è stata nel fatto di non saper scegliere su quale pilota puntare per questa stagione. Prima Vettel, poi è arrivato Leclerc, poi ritornano su Vettel. Questa confusione va a coinvolgere tutti, dagli stessi piloti agli ingegneri fino a finire ai meccanici, che non capiscono più le gerarchie.

Questo è un aspetto importante ed è una cosa che in Mercedes, ad esempio, non sbagliano da anni. Li si sa da subito, ogni tanto vien dato spazio anche al secondo ma alla fine chi deve vincere è uno solo. In F1 oggi è cosi, si deve puntare su un pilota, ovviamente che sia quello giusto. 

 

Francesco Svelto