I team radio di Charles Leclerc durante la gara di Singapore sono ancora fonte di dibattito. L’esuberanza del ventunenne monegasco appassiona, ma più di qualcuno ha storto il naso per le sue intemperanze in occasione della doppietta Rossa sul circuito di Marina Bay.
di Filippo Toffanin
Che sia arrivata la tirata d’orecchi auspicata da alcuni, che le dichiarazioni odierne siano parte di una strategia distensiva studiata con la Scuderia ed il proprio manager, o che si tratti del ravvedimento spontaneo della canaglia pescata con le mani nella marmellata, Charles Leclerc ha voluto sottolineare pubblicamente di aver imparato la lezione. In occasione della giornata dedicata ai media pre GP di Russia, il numero sedici della Ferrari si è cosparso il capo di ceneri, da perfetto uomo squadra.
Penso che la mia reazione sia stata ben al di sopra di quello che avrebbe dovuto essere. E questo dimostra che ho ancora molto da imparare. In quella situazione non c’era bisogno di comportarsi così. La squadra ha fatto la cosa giusta, abbiamo concluso con una doppietta che non avremmo colto con un’altra strategia.
Già nel dopo gara l’ex campione GP3 ed F2 aveva abbozzato una retromarcia, portando a giustificazione delle rimostranze via radio al muretto lo stress da corsa, e l’ossessione per la vittoria.
E’ sempre molto difficile in auto. C’è molta adrenalina. Mi sveglio alla mattina pensando alla vittoria, vado a dormire pensando alla vittoria. Ho solo bisogno di controllarmi di più in queste situazioni, e stare zitto invece di parlare alla radio. Non è necessario essere così in quei momenti, crea più confusione che altro. Alla fine la cosa più importante è il risultato di squdra: abbiamo fatto doppietta, e sono molto felice di questo.
La quasi ferocia con cui Leclerc ha vissuto quella che per lui è dovuta sembrare un’ingiustizia dà comunque la misura di quanto sia nel DNA del giovane monegasco la fame di successo, e la voglia di essere protagonista. Una caratteristica fondamentale per un pilota, anche a detta del vincitore di Singapore – Sebastian Vettel.
Fa parte dell’emozione che ti attraversa quando corri. Se non fosse così, vorrebbe dire che non t’interessa – e non penso ci siano molti piloti a cui non importa finire secondi anzichè primi. Non credo dovreste interpretare troppo questi messaggi, non ha senso cercare di capire il motivo dietro a ciò che la gente dice quando si trova in questo genere di situazioni. Ovviamente voleva vincere, e trovarsi dietro lo ha sconvolto. Nei suoi panni, lo sarei stato altrettanto.
Caso chiuso? Così si direbbe. In Ferrari più che in ogni altro team il bene della squadra viene prima delle ambizioni personali – un mantra ripetuto a più riprese all’indomani della transferta asiatica. Charles avrà certamente modo di rifarsi, e magari in futuro beneficiare a sua volta di situazioni borderline come quelle di Singapore. In fondo, anche di questi episodi è fatta la crescita di un world-champion in the making.
Filippo Toffanin