Dal presunto “gran rifiuto” di Leclerc di obbedire ad un accordo di squadra a quella decisa ma sobria sportellata rifilata ad Hamilton. Leclerc come Remorex, il cavallo “scosso” più forte del Palio nella più memorabile delle cavalcate verso il traguardo.
di Chiara D’Agostino
Prego fornisca la scia, no passi lei, no prego vada lei…mm no, forse Charles ha un altro merito oltre quello di aver vinto una gara tutt’altro che scontata.
Leclerc, il cannibale dallo sguardo innocente, ha ribadito – a chi non se ne fosse ancora accorto – che correre è prima di tutto una faccenda tremendamente personale. Come un mastro burratinaio un pilota ha da giostrare in una sola mano i fili della vita e della morte un millesimo di secondo alla volta.
E molte volte, anzi la maggior parte delle volte, è l’istinto a guidare ogni singola scelta che può rivelarsi più o meno vincente. Questo è ciò che solitamente li consacra alla gloria eterna o all’irrilevanza più totale.
Non ci è dato sapere se a quel sabato di qualifiche il monegasco abbia volutamente disobbedito ad un preciso accordo di Scuderia di fornire la scia al compagno di squadra della Ferrari o se, nella bagarre generale venutasi a creare, non poteva fare diversamente. Quel che sappiamo di certo è che la cosa abbia fatto storcere po’ troppo il naso da qualche parte in Ferrari.
Prima Vettel, col muso appeso, che cercava di defilarsi dalla foto di gruppo post pole position poi prontamente riacchiappato all’ordine dalla Hoffer, poi Binotto che col suo paternalistico “Stavolta sei perdonato” ha fatto intuire molto più di quanto potesse immaginare.
In tutto ciò, c’è Charles Leclerc, uno che sembra essersi consacrato a Monza ma che di cose pazzesche ne faceva già nelle categorie inferiori.
Ricordo bene quel giorno a Baku, nel giugno di due anni fa, come vinse e dominò Gara-1 in F2, dopo aver perso il papà solo qualche giorno prima. Momenti devastanti per qualsiasi diciannovenne, non per lui.
Non mi vengono paragoni con i grandi campioni del passato, e non vorrei farne. Credo piuttosto che quello a cui stiamo assistendo sia l’inizio di un nuovo scalpitante ciclo per la F1 che andrebbe semplicemente lasciato libero di esprimersi e non imbrigliato da astruse e controproducenti fantomatiche gerarchie.
E’ un talento straripante, dai cui occhi traspare la cinica concentrazione di chi, alle binottiane sentenze, preferisce agire con l’istinto di un cavallo impazzito ed inarrestabile che solo senza il suo fantino può osare traiettorie così inimmaginabili.
Charles Leclerc, caro Messer Binotto, non è più un ragazzino.
Ha sviscerato nel fondo emozioni assopite da tempo. Nuove sensazioni, giovani emozioni che sbucano dallo stomaco alla pelle come un organo ancestrale e atrofizzato ripreso a pulsare dopo tanto, troppo tempo senza storia.
Chiara D’Agostino