La prima gara del ciclo asiatico, a Singapore, restituisce una Ferrari sugli scudi e degli avversari che avranno molto su cui riflettere.
| di Raffaele Caputo
“Ho visto cose che voi umani…” Bisognerebbe esordire così prima di esprimere un qualsivoglia commento sulla gara di Singapore, gara dall’epilogo fantascientifico (a questo dovuta la citazione da “Blade Runner”) e tutt’altro che scontato.
Quello che ci chiediamo tutti è: ci voleva così tanto?
Questo upgrade aerodinamico è stato venduto alla stampa come anticipato di qualche gara rispetto al programmato, perché ha da subito mostrato di poter cambiare i valori in campo sin dalle prime simulazioni e correlazioni in galleria del vento.
Sarebbe stato impossibile vederlo in pista prima di Singapore perché la trasferta asiatica rappresentava, data la particolarità della pista, un crocevia che sarebbe potuto essere un inferno per la SF90 vista in Ungheria.
A supporto di questa tesi si può affermare con tranquillità che i tecnici in Rosso hanno deciso di portare in pista tutti i nuovi pezzi anche a seguito dell’utilizzo della nuova Power Unit (Spec 3) che è più gentile nei consumi e quindi in grado di supportare e sopportare meglio il maggior drag.
La chiave di lettura più importante di questo risultato è la considerazione da attribuire a questa fase della stagione in ottica 2020.
Credo che tutti a Maranello abbiano cercato, prima di iniziare a lavorare per non compromettere ancora di più la stagione, di capire perché alcuni tasselli del mosaico non si incastravano.
Gli addetti ai lavori (che sentono dire cose da persone che hanno sentito dire cose da altre persone e così via) affermano che il male principale in fase di progettazione fosse stato scegliere dei coefficienti di calcolo e conversione errati, tali da falsare completamente il valore della monoposto.
L’inferno però l’hanno vissuto gli “altri” perché ieri la Ferrari ha vinto in scioltezza, senza patemi, senza temere le Safety Car che ricompattavano il gruppo e che ne avrebbero fatto preda facile più delle Mercedes che della Red Bull.
Le ripartenze sono state gestite da Vettel in maniera impeccabile: in primis ha differenziato i punti in cui accelerare il ritmo; poi ha gestito le gomme e portato le stesse in temperatura avvantaggiandosi del vuoto che aveva davanti a se.
Ma anche Leclerc si è comportato in maniera egregia da questo punto di vista, tanto che Verstappen non è mai stato minaccioso nei suoi confronti.
La svolta del Cavallino non sgombra però il campo da altri dubbi che sorgono.
La prova del nove di questo finale di stagione sarà Suzuka; la rapida sequenza di curve iniziale è un settore chiave per capire meglio se potremo dare definitivamente un bel voto al lavoro svolto.
Mercedes e Red Bull daranno sicuramente filo da torcere e non staranno a guardare anche se, soprattutto per le Frecce d’Argento, sarà molto difficile rispondere all’attacco Rosso con armi diverse rispetto a quanto si è già visto in pista.
In molti avranno già dimenticato che i tedeschi si sono presentati in pista nella seconda settimana di test pre-stagionali con Spec B della W10 che ha scioccato tutti. Difficile che adesso tirino fuori dal cilindro qualche altra novità importante.
Non resta che augurarsi che il trend positivo Ferrari continui con lo stesso vigore mostrato nelle ultime tre gare e che la Red Bull torni a mostrare i denti per mettere un pò di pepe alla competizione saldamente nelle mani di Hamilton e della Mercedes anche perché i dati sugli ascolti confermano che, almeno in Italia, il Rosso tira.