Leclerc baby prodigio? Non esattamente. Non fatevi ingannare dai lineamenti giovanili. Dietro essi si celano le sofferenze di un uomo che ha perso per strada molte delle persone più care.
di Alessandro Morini Gallarati, fondatore di HammerTime
Mi viene da sorridere quando sento parlare di Charles Leclerc come un baby prodigio. Perché un ragazzo che nel corso di pochi anni perde il padre e due tra gli amici più cari non può essere di certo definito baby.
Non lasciatevi ingannare dal volto da ragazzino che spesso trapela una certa timidezza.
Charles è già uomo da un pezzo (e soprattutto tutto di un pezzo). La vita gli ha dato tanto, senza dubbio, sotto molteplici punti di vista, ma gli ha anche tolto molto.
In primis, gli affetti. Jules era più di un amico, era un fratello maggiore. Hervé un padre al quale era profondamente legato, con il quale ha sempre condiviso la sua più grande passione e che gli ha dato tutto. Anthoine, che è passato a miglior vita sabato scorso, un compagno di avventure da ben quattordici anni.
Il giovane talento monegasco ha dovuto più volte guardarsi allo specchio e ripetersi che era il momento di crescere e soprattutto che bisognava farlo in fretta.
Poco più di due anni fa (in F2) dopo aver salutato papà per l’ultima volta si è seduto in macchina in quel di Baku e ha conquistato pole position, vittoria e giro veloce. Una dimostrazione di forza impressionante. Chiunque sarebbe crollato, lui no.
Tutto ciò lo ha reso infatti incredibilmente più forte sotto ogni punto di vista. Come se non bastasse, qualcuno lassù si è portato via anche Anthoine Hubert. Un ragazzo di talento e, dal 2005, un suo grande compagno di avventure.
Se ne è andato anche lui lasciando un ulteriore e pesantissimo vuoto dentro il cuore di Charles, che per l’ennesima volta si è rimboccato le maniche, ha tirato giù la visiera e ha scelto di offrirci un altro capolavoro.
In qualifica, poco prima della scomparsa del ventiduenne francese, aveva demolito nove (quasi dieci) titoli mondiali complessivi rifilando loro rispettivamente sette ed otto decimi e in gara, con la sofferenza nel cuore, è autore di una prova straordinaria.
Annichilisce il ben più titolato compagno di squadra (che poi difende con le unghie e con i denti) e taglia per la prima volta in carriera il traguardo davanti a tutti.
Lo ha fatto a Spa-Francorchamps signore e signori. Qualcuno si aspettava urla, lacrime e dediche da cuore in gola nel team radio conclusivo, nulla di tutto ciò è accaduto.
Charles è troppo maturo, troppo consapevole dei suoi mezzi e troppo provato da tutto ciò che ha dovuto affrontare nell’ultimo lustro per far trapelare le emozioni che comunque regala a tutti noi da mesi.
La sensazione è che sia già leggenda. Prodigio sì, ma baby proprio no. Baby proprio no.