F1 | Ferrari, è tutto un altro mondiale

Dopo la storica doppietta di Singapore, la Ferrari si prepara ad affrontare il quarto back to back ed il sedicesimo appuntamento della stagione. Da Marina Bay si vola a Sochi, senza fiato. Ed ora è tutto un altro spettacolo…

di Chiara D’Agostino

A Marina Bay – abbiamo appurato – non esistono mezze misure. La scelta varia tra GP soporiferi, come quello 2018, inaspettati come quello appena trascorso o cardio-provanti, come quello del 2017. Ma nel GP di due anni fa, meglio noto come  l’anno della disfatta di Singaporetto, Vettel e Raikkonen andavano a tessere il suicidio più famoso della storia recente del motorsport, con una Ferrari, l’SF70H che per caratteristiche – passo corto e configurazione aerodinamica ad alto carico – si presentava già in partenza come la monoposto da battere in circuiti come quello di Singapore, o come quello d’Ungheria dove il team di Maranello andò infatti a prendersi la sua (pen)ultima doppietta.

Quest’anno vedere l’SF90 a Monza sguisciare via dalle grinfie Mercedes persino con DRS attivo aveva già destato più di qualche perplessità tra gli addetti ai lavori, ma il colpaccio di Singapore ci ha proprio colto tutti in contropiede, soprattutto alla luce dei dati impietosi dell’ultimo appuntamento, prima della pausa estiva, quando la Ferrari uscì dall’Hungaroring con un minuto di ritardo sul vincitore, Lewis Hamilton.

Non ci è dato sapere con dovizia di particolari cosa si siano inventati a Maranello durante la pausa estiva ma la Ferrari è stata capace di inanellare tre successi consecutivi ed una doppietta dove, sulla carta, si sarebbe dovuto ricavare poco o nulla, stando alle caratteristiche proprie della SF90.Vettel vince il GP di Singapore 2019

Il mondiale, sia chiaro, è pratica chiusa, e a meno che voi non crediate davvero nelle favole fino a sconfinare nel soprannaturale, sarebbe bene rassegnarsi all’idea che, con sole sei gare a disposizione ed una Mercedes che con buona probabilità deciderà di correrle tutte, di assicurato – da qui alla fine – ci sarà solo tanto spettacolo.

Quello di Singapore è però un risultato importante, nell’immediato, ma anche e soprattutto in prospettiva futura per almeno due motivi: uno tecnico, l’altro più strettamente umano.

Partiamo dagli uomini, dai protagonisti che hanno reso possibile questa inversione di tendenza rossa rampante che ora ci troviamo a raccontare dopo una prima parte di stagione ad assolo Mercedes.

Spa e Monza, le prime due gare dopo la pausa estiva erano considerate le uniche su cui la Ferrari avrebbe potuto rialzare la testa ma è stato solo con il gran lavoro di squadra del team di Maranello, unito allo straordinario talento di Leclerc che si è potuto tradurre in risultato ciò che fino ad allora era favorevole solo sulla carta e quindi per nulla scontato. A mancare però era l’altro protagonista, Sebastian Vettel, chiamato a fare il leader per esperienza e titoli ma misteriosamente precipitato in un tunnel senza via d’uscita.

Sarà stato il particolare feeling sul circuito di Singapore, dove il tedesco ha vinto ben cinque volte, o il ritrovato feeling con una monoposto più vicina alle sue caratteristiche di guida, sta di fatto che questo weekend abbiamo rivisto il vero Sebastian Vettel, il figliol prodigo è tornato e di questo non possiamo che esserne felici, tutti.

Certo, non basta una vittoria per scacciare una crisi ormai più lunga di qualche gara, ma se è vero come è vero che niente più di una vittoria possa aiutare a ritrovare la strada del successo, gli uomini di Maranello possono cominciare a tirare un bel sospiro di sollievo perchè un Vettel rinato ed in fiducia è un bel cruccio in meno anche in ottica line-up piloti 2020, e in Ferrari questo lo sanno bene.  

Poi c’è Leclerc. Charles è in uno stato che definire di grazia sarebbe troppo riduttivo guardando al complesso di questo giovane pilota. In questa prima parte di campionato è stato in grado di tirare fuori risultati anche da una vettura non sempre all’altezza del blasone e delle concorrenti. Un talento straripante con la testa di un pilota maturo, nonostante l’anagrafica dica esattamente il contrario. La vittoria a Singapore è anche sua, non solo per una pole straordinaria ma soprattutto perché con la sua fame di vittoria ed il suo talento sta alzando il livello e l’asticella di tutta i team, e forse anche del suo compagno di squadra. Un circolo virtuoso che innesca fiducia, voglia di migliorarsi, lucidità e motivazione. Conferma è arrivata dalle significative parole di Francesco Cigarini. Il meccanico Ferrari ha così commentato sul profilo Instagram del monegasco, apparso inizialmente deluso ed arrabbiato per il secondo posto di Singapore: “Se il secondo posto ti fa male vuol dire che hai tanta fame. Se spingi per vincere porti più in alto il limite della squadra. Trasforma la rabbia in voglia, sogna successi e continua nel tuo cammino”. 

Più chiaro di cosi…

L’altra considerazione è l’inversione di tendenza della Ferrari dal punto di vista tecnico. Negli ultimi anni ci siamo abituati ad assistere alla solita parabola discendente di prestazioni della Rossa nella seconda metà della stagione dopo una prima parte abbastanza ad armi pari con le concorrenti.

Quest’anno invece la tendenza è al contrario. Dalla pausa estiva e con l’evoluzione della Spec3, in Ferrari sta cambiando filosofia ed anzichè continuare ad apportare continui aggiornamenti aerodinamici come vano tentativo di compensare, per non dire nascondere, i propri limiti in termini di potenza, i tecnici di Maranello hanno potuto cominciare a sfruttare la potenza della nuova Power Unit per ottimizzare il pacchetto aerodinamico a disposizione e l’assetto della monoposto. 

E’ ancora presto per sbilanciarsi, certo, la Ferrari cercherà conferme a Sochi e soprattutto a Suzuka ma il risultato di Singapore, ottenuto con un pacchetto aerodinamico ad alto carico, la candida ad essere la monoposto di riferimento, non solo quest’anno.

Il fatto che a Maranello siano riusciti ad interpretare l’SF90 infatti conta molto, tanto, soprattutto in ottica 2020.

Mi ricollego a quanto affermato dall’ingegner Enrique Scalabroni, nella puntata di Pit Talk dello scorso giugno, quando la  Mercedes veniva da otto vittorie consecutive e la Ferrari appariva senza speranze: “A Maranello devono cominciare a risolvere già da adesso i problemi della Sf90 per poter pensare di giocarsela nel 2020”.

Binotto, gli va dato atto, ha continuato a credere nel suo progetto ed ha insistito nello sviluppare una vettura che molti, forse, avrebbero già archiaviato a metà stagione.

Chiara D’Agostino