In omaggio ad Enzo Ferrari

In questi giorni, 31 anni fa, si spegneva nella sua casa di Modena, l’uomo che diede inizio ad uno dei più grandi miti dell’era moderna: Enzo Ferrari. 

La Ferrari nel mondo non è solo un’auto, ma è più un sogno, qualcosa di tangibile che si plasma all’interno dei nostri cuori quando sin da bambini iniziamo a seguire e appassionarci alle corse automobilistiche.

E’ incredibile pensare che io sia nato nel 1984, e quando lui morì, ne avevo solo 4.

Come potevo sentire la sua influenza ed il suo carisma nonostante fossi così piccolo?

All’epoca l’unica cosa che potevo associare ad una macchina, era quando i miei genitori mi portavano in giro, forse neanche sapevo cosa fosse un’automobile, neanche conoscevo l’esistenza della Ferrari, eppure oggi, sono qui a scriverne.

Non c’è luogo al mondo dove non si conosca il cavallino rampante della Ferrari.

Il Drake (nome che diedero a Ferrari gli inglesi paragonandolo all’implacabile corsaro dei mari Francis Drake), una volta disse: “Date ad un bambino un foglio e dei colori e chiedetegli di disegnare un’automobile, sicuramente la farà rossa!”.

Ed effettivamente, fermatevi un secondo a pensare alla supercar dei vostri sogni, chiudete gli occhi e disegnatela nei vostri sogni, con super alettoni, motore V12, scarichi e quant’altro. Probabilmente l’unica cosa che avremo tutti in comune sarebbe proprio il colore, rosso.

Qualche giorno fa per ricordare e, forse, anche onorare in qualche modo l’anniversario di morte sono andato al Museo della Ferrari di Maranello.

Non è la prima volta che andavo, ma per chi è un petrolhead come me, il museo è un luogo quasi sacro.

Ci si immerge nella storia della Scuderia Ferrari con la sala dei 90 anni di corse in F1 con tutti i trofei e le auto campioni del mondo, passando per le auto che hanno segnato momenti storici importanti per il cavallino rampante.

Non nego che vedere quei trofei di allora, e vedere come sia in crisi la Ferrari oggi, un po’ di tristezza mi è venuta.

Gli occhi però hanno poi ripreso a brillare durante le sale allestite con i modelli di supercar, ed hypercar.

Inoltre la presenza di prototipi one-off, come la P80/C costruita come pezzo unico per un cliente di Hong Kong, cancellano dalla testa qualsiasi pensiero grigio.

La grandezza dell’uomo Ferrari si percepisce chiara attraverso le idee e le gesta raccontate nel museo attraverso le sue auto.

Per chi non lo sapesse, bisogna chiamarle per forza “sue” auto.

Se il tuo conto in banca era con tanti zeri, ma a lui non piacevi, la “sua” Ferrari, non la potevi acquistare. Ti teneva a colloquio, ti voleva conoscere, perché la “sua” auto non la dava così al primo ricco che la volesse.

Ne era gelosissimo, fin quando era in vita sceglieva lui a chi darle, così con le auto stradali, come quelle da gara.

Sceglieva lui i piloti per le sue auto da F1.

Nessun ingegnere o tecnico di pista poteva decidere a chi affidare le auto che avrebbero gareggiato nel mondiale.

Era sempre lui a decidere.

La ricostruzione del suo ufficio fa trasparire il suo carattere forte, ma semplice, legato alle sue origini, dove contava più l’essere che apparire.

La costruzione del mito, passa anche da questi piccoli dettagli.

Il brand che suscita emozioni, che evoca gesta di eroi su quattro ruote, ancora oggi non ha eguali.

Basti pensare che ovunque il circus della F1 fa tappa, c’è sempre una folta orda di tifosi del cavallino rampante presente.

Le emozioni parlano la stessa lingua quando si tratta di Ferrari.

Ci si riconosce per un cappellino rosso, una maglietta, un logo, o semplicemente per gli occhi che brillano, ed il cuore che va fuori giri.

Sembreranno parole ovvie, ma credo che in un mondo dove siamo tutti connessi attraverso la tecnologia ed i social networks, emozioni forti, come la Ferrari sa trasmettere, siano gli unici modi per sentirci meno soli, e forse sentirsi parte di qualcosa.

Un movimento con gli stessi sogni, gli stessi colori e le stesse motivazioni che ci spingono a tifare Ferrari da 0 a infiniti anni.

Federico Caruso
Federico Caruso
Nato a Roma sotto il segno dei motori turbo V6 nel 1984. Sono sempre alla ricerca di qualcosa che mi sappia emozionare come Ayrton Senna. Scrivo con passione per amore della F1.

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