Correva l’anno 1991, GP del Belgio, SPA, era tutta un’altra F1 e nessuno in quel momento poteva sapere cosa stesse per succedere.
La Jordan, scuderia irlandese (uscita di scena nel 2005), deve rimpiazzare il pilota Bertrand Gachot arrestato a Londra a causa di una lite con un tassista. Colti di sorpresa decisero di affidarsi al giovane Michael Schumacher, che aveva già fatto vedere buone cose in F3.
Il ventiduenne tedesco era stato raccomandato dal suo agente Willi Weber a Eddie Jordan, assicurando che il pilota conoscesse già il tracciato, ma la verità era che Michael non aveva mai corso lì.
Ignaro del fatto che quello di Spa-Francorchamps sarebbe diventato il suo tracciato preferito, percorrerà il circuito in bici, prima dell’inizio del weekend per prendere confidenza con la pista.
Nessuno avrebbe mai potuto immaginare che questo rocambolesco esordio, sarebbe stato l’inizio dell’ascesa di Michael a diventare 7 volte campione del mondo di F1.
Il ragazzo sorprenderà tutti nel corso delle qualifiche, da esordiente, fu capace di qualificarsi settimo, dietro “solo” a tutti i grandi campioni di quelle stagioni (Senna, Prost, Mansell…), riuscendo a far parlare subito di sé, dando anche sette decimi di distacco al compagno di squadra Andrea De Cesaris.
L’esito della gara non fu così esaltante, poiché la monoposto irlandese abbandona il pilota dopo circa 500 metri a causa di un problema alla frizione.
Un segno, quello dello storico pilota, dato sin dal primo momento a quello che era l’ambiente nei primi anni ’90, si stava assistendo all’esordio di uno dei più grandi piloti che siano mai scesi in pista e non poteva essere un esordio “normale”.
Fu Flavio Briatore all’epoca in forza alla Benetton, che ebbe l’intuizione: capendo le vere potenzialità del pilota, riuscì a portarlo nella propria scuderia già dal successivo GP di Monza.
Quel settimo posto in qualifica all’esordio lasciò tutti a bocca aperta, come lasciano a bocca aperta le sue imprese nel corso degli anni.
Una storia bizzarra di quello che da lì in poi sarà un’icona della F1, di un ragazzo che aveva tanta voglia di fare e di mettersi in gioco, di sorprendere.
Quel giorno si sancì il passaggio tra due epoche, quella che poteva essere in parte segnata anche dal duello Senna–Schumacher, ma così non fu.
Chi ha avuto l’onore di assistere all’ascesa di questo campione deve ritenersi fortunato.
Sia i più giovani, sia i più anziani lo ricorderanno sempre come IL pilota, non solo per il suo legame con la Ferrari, ma per quanto ha dato alla F1 dagli anni 90 al suo ritiro.
Sperando che un giorno, tutti, potremmo riaccoglierlo e magari, chissà, rivedere in Mick, sprazzi di ciò che papà ha compiuto nel corso degli anni.