Dalle gerarchie in pista a quelle dirigenziali. Da Vettel alle strategie del muretto: alcuni dei tanti aspetti attorno al tema di una débâcle tutta made in Ferrari. A parlarne ai nostri microfoni nella puntata numero 186 di Pit Talk di oggi, lo storico giornalista sportivo Pino Allievi.
di Chiara D’Agostino
Godersi un lunedì post GP dove a farla da padrone non è stata una decisione dei commissari di gara ma solo il rinnovato agonismo tra i piloti in pista…è quanto mai d’obbligo.
Il Gp di Silverstone, il decimo appuntamento mondiale di questa stagione, di cose di cui parlare ne ha lasciate molte, forse troppe. Tolti i primi due che procedevano all’allunaggio con le rispettive Frecce d’argento a fare categoria a sè, dietro è stato solo spettacolo – di varia natura – tra Leclerc e Verstappen che sembravano non essere scesi per niente dalle monoposto dall’Austria, a quello più deprimente di Vettel su Verstappen risoltosi in tamponamento e “constatazione amichevole”.
La Ferrari esce da questa tappa non solo sconfitta sulla pista ma soprattutto stordita e disorientata al suo interno. Se di risalire la china a livello prestazionale non v’è stata mai alcuna concreta possibilità, soprattutto in una pista già sfavorevole sulla carta come il tracciato di Silverstone, le cose non sono certamente messe meglio in casa, dove bisogna fare i conti su più fronti, dapprima quello dei piloti.
Se a Charles Leclerc dobbiamo buona parte della delizia di questa stagione, vera “croce” da qualche tempo a questa parte è il sempre meno ritrovato Seb Vettel precipitato in un vortice distruttivo via via più preoccupante e questo non per fare sterili allarmismi ma i fatti in pista sono sempre più paradigmatici e indicativi di uno stato mentale decisamente compromesso.
Il giornalista Pino Allievi, intervenuto questa mattina ai nostri microfoni nella puntata numero 186 di Pit Talk, parla di una vera e propria “latitanza della Ferrari tutta attorno al tema di Sebastian Vettel“:
“Tutto quello che accade a Vettel è colpa della mancanza di un’assistenza Ferrari. Dal momento in cui paghi un pilota 30 milioni di euro devi mettergli accanto anche qualcuno che gli spieghi determinate cose. Vettel è un ragazzino abbastanza talentuoso, non ha rubato niente dei quattro titoli mondiali vinti, ma è anche un po’ viziatello, pizzoso che a volte si impunta. Sin dall’inizio la Ferrari gli avrebbe dovuto mettere accanto qualcuno, un sergente di ferro per fargli capire come si corre e per chi si corre.”
Non meno disastrose le scelte strategiche del muretto Ferrari:
“La Ferrari ha mancanze evidenti, dei punti deboli nel muretto. Sono due tre anni che si esaltano certe persone che non lo meritano. Non vedo perché trenta persone a Maranello, più trenta persone in pista alla fine non fanno le cose più logiche“.
La Ferrari sta vivendo una fase di imponente restaurazione e di armonizzazione interna, questo è evidente e il percorso necessita inevitabilmente di tempi lunghi da rispettare. Ma cominciare con il ripartire meglio i ruoli sarebbe certamente un buon punto di partenza. L’esempio maggiore è proprio Mattia Binotto, chiamato a rivestire contestualmente il ruolo di Team Principal e quello di Direttore Tecnico della Scuderia, posizioni decisamente impegnative da gestire già prese singolarmente.
Sottolinea infatti Allievi la necessità per Binotto di avere a disposizione “un braccio destro che lo aiuti almeno nelle fasi meramente interlocutorie del mestiere”.
“John Elkann e Louis Camilleri sono persone molto capaci nel ruolo che svolgono, di presidente il primo, di uomo della finanza il secondo, ma non si può pensare che siano loro a risolvere i problemi in casa Ferrari non avendo esperienza in materia di corse. Binotto è l’unico in grado di fare questo salto e il fatto di non avere l’ingerenza di personaggi ingombranti come Montezemolo o Marchionne potrebbe rendergli le cose più facili.”