La Spagna è stata spesso dolce con la Ferrari. Da Lauda a Schumacher, passando per Villeneuve.
di Federico Sandoli e Giulio Scaccia
Il prossimo Gran Premio di Spagna significa molto per la Rossa: Niki Lauda nel 1974 firmò la sua prima vittoria, la 50esima per la Ferrari ma soprattutto entrò di diritto nei cuori dei tifosi, che lo videro come colui che fece tornare grande una Ferrari avvitata intorno alla sua leggenda.
Finiti i tempi di Lauda, ecco arrivare un piccolo canadese campione di motoslitte e subito fu la febbre Villeneuve.
Un epidemia che di corsa in corsa non dava idea di volersi affievolire, anzi; nell’ edizione del 1979 Gilles, in testa la mondiale, fu l’unico a cercare di tener testa alle Ligier, ma prima le gomme poi i freni lo obbligarono a una corsa di rincalzo che lo portò a sdoppiarsi e a recuperare fino al settimo posto finale. La prestazione spagnola fu senza dubbio il prologo del famoso duello di Digione ma anche la conferma di quanto i tifosi ormai adorassero questo piccolo personaggio.
Arriviamo nel 1981 con la Ferrari turbo gli acuti si fanno desiderare fino a maggio quando a Monaco vinse un Gran Premio impossibile da vincere per un turbo o in Spagna, quando in testa riesce a contenere avversari del calibro di Laffitte, Watson e Reuteman che, incollati al suo alettone posteriore, nulla poterono contro la potenza del motore Ferrari ma, soprattuto, nel tratto misto nulla poterono contro la classe e
la freddezza del canadese che aggiunse al suo palmares questa perla.
Altra Formula 1 quella dove non esisteva il DRS ma esistevano piloti del calibro di Gilles che scatenavano una febbre alla quale pochi avrebbero rinunciato.
Finita l’era Gilles, in Spagna molti anni dopo si è aperta una nuova leggenda, quella di Michael in rosso che dopo la vittoria del 1996, sotto il diluvio diede una lezione di guida a tutti, per altre 70 volte portò la rossa al primo posto.