Ciao Campione

Ricordiamo Niki Lauda, scomparso stanotte all’età di 70 anni. 

La notizia della morte di Niki Lauda lascia attoniti, questo rampollo di una buona famiglia austriaca riuscì a debuttare nel mondo delle corse grazie a un prestito ottenuto dal nonno, il giovane Niki non gli raccontò certo che il suo intento era di iniziare la carriera di pilota da corsa anzi lo illuse di un suo futuro finanziario in linea coi desiderata della famiglia.

Con un modo di correre mai spettacolare ma redditizio volto a rispettare il limite della vettura veniva spesso battuto dai futuri grandi della categoria ma altrettanto spesso riusciva a imporsi sfruttando gli errori e l’esuberanza altrui.

Arrivato in F1 dopo poco venne notato dal Vecchio di Maranello che, volendo ristrutturare la squadra dopo il pessimo 1973, decise di chiamarlo nel regno dei motori e da quel giorno la storia cambiò.

L’attitudine al collaudo e la sensibilità di guida portarono a sbocciare un modello di antologia, la 312T, che l’austriaco non faticò a portare sul tetto del mondo motoristico.

 

Sull’onda dei successi dell’anno precedente, il 1976 sembra una pura formalità. La 312T prima e la T2 dopo risultano talmente superiori che nelle mani dell austriaco sembrano annichilire la stagione. Il primo agosto del 1976, durante il GP di Germania, cambio il suo destino. Forse una sospensione, forse un errore di guida portarono la rossa a uscire di pista e incendiarsi.

Si teme un altro dramma Williamson, il coraggio di Merzario fu tale da riuscire ad estrarlo dalle lamiere incandescenti e, nonostante avesse respirato dei vapori tossici, la voglia di continuare a vivere lo portò a superare la crisi in fretta, forse troppo, e si ripresentò in pista 40 giorni dopo.

L’ambiente applaude l’eroe austriaco, Enzo Ferrari è titubante non vorrebbe metterlo in macchina ma le pressioni di Agnelli sono tali che anche il vecchio deve capitolare.

Con una gara contraddittoria, a tratti eroica a tratti drammatica, a Monza riesce comunque ad arrivare quarto tenendo aperte ogni speranza di vittoria. Le speranze si spengono nel Fuji quando sotto una pioggia torrenziale, decise di ritirarsi perché le condizioni della pista non permettono una gara sicura. Il campione austriaco perde il titolo, ma vince l’uomo, capace di opporsi agli interessi della squadra per salvaguardare se stesso e soprattutto dare un segnale a una categoria moderna che considerava i piloti ancora dei gladiatori.

La Ferrari e Ferrari non digeriscono il ritiro dell’austriaco, colpevole di aver paura di due gocce di pioggia, il Vecchio gli manda segnali che lo vorrebbe fuori dalla scuderia, addirittura a fare il direttore sportivo, gli preferisce Reutemann e l’austriaco comincia a masticare amaro. Il suo amore per la rossa comincia a scemare, si trasforma in astio e nella stagione 77 torna grande. Vince tre gran premi, addirittura a Kyalami riesce a far “sopravvivere” un motore quasi senza liquido di raffreddamento. La Ferrari torna a innamorarsi del suo biondino, il popolo ferrarista lo ama ma non sono tutte rose anzi c e anche qualche spina che lo porta gia a Monaco ad accordarsi verbalmente con Ecclestone per correre con lui dall’anno venturo.

Quando nessuno se lo immagina, a titolo ormai conquistato, decide di incontrare il Vecchio e in un drammatico confronto si mantiene al solito freddo, come al volante della sua macchina, tiene testa al suo avversario più difficile e lascia in due parole il regno dei motori. Sull’evento si verseranno fiumi d inchiostro, i veri motivi non si sapranno mai, sicuramente Ecclestone pagò molto ma la leva fu la vendetta consumata nei confronti di un uomo, Ferrari, che ebbe la presunzione di crearlo come pilota ma di non piegarlo mai come uomo.

L’amore per le macchine pian piano viene soppiantato per gli aerei e nel 79 decise di togliersi la tuta da pilota per vestire i panni del manager d azienda fondando la Lauda Air.

Nel 82, forse qualche problema economico, di sicuro un ritorno di fiamma, lo portò a tornare alla guida dell’innovativa McLaren MP4 e dopo 43 gare a Long Beach tornò a vincere.

Quel giorno il mondo si fermò e torno indietro ai tempi mitici di Lauda era dorata per la F1. Forgheri, orfano di Villeneuve e Pironi, lo vorrebbe per la stagione 83, Ferrari gli offre qualche “spicciolo” e Niki rifiuta, un po’ per la parola data ai tecnici della Porche, fornitori dei motori turbo della McLaren, ma anche perché ritiene che la Ferrari debba essere pronta a pagare un professionista che potrebbe farla tornare orgogliosa del proprio blasone.

Nel 1984 fortuna e capacità lo portano ad imporsi sul proprio compagno di squadra Prost, ma il segnale per il 1985 è chiaro, ormai per battere il francese servirebbe il migliore austriaco dei tempi addietro infatti il 1985 e un lento saluto con l’unico acuto in Olanda, a Zandvoort, dove conquista la sua ultima vittoria.

Agli inizi degli anni 90 Montezemolo lo richiama a Maranello per aiutarlo a spianargli la strada per tornare al successo, ma i dissidi con Todt sono tali che, poco prima dell’era Schumacher, decise di lasciare la squadra.

L’ultima parte della sua vita professionale la passa sul ponte di comando della Mercedes F1 dove induce al ritiro uno sconsolato Schumacher e ingaggia Hamilton. Il pilota britannico ha nell’austriaco un coach mentale che lo porta a diventare il pilota imbattibile di questi giorni.

Poi l’operazione ai polmoni il recupero quasi miracoloso fino a questi giorni, quando un corpo ancora soffrente dall’incidente avvenuto nel 76 ha dovuto arrendersi.

Chissà cosa avrà pensato in quei momenti Niki Lauda…