F1 | Gli artisti del volante: il re ed i suoi eredi

Ed eccogli agli anni 90. In quegli’anni la F1 era tiranneggiata dal dualismo tra Senna e Prost. Coppi e Bartali sono lontani, il dualismo dei due italiani non raggiunse mai livelli volti all’annientamento dell’altro mentre i due piloti hanno sempre cercato di annientarsi sia come piloti che come uomini.

La loro lotta finì nel 1993. Appena il francese conquistò il quarto titolo, decise di salutare il Circus annunciando il ritiro. Infatti ad Adelaide sul podio dell’ultima gara abbracciò il nemico di sempre, Senna, che vinse la gara e che da quel giorno scoprì nel francese il suo più grande estimatore.

Lasciato solo al vertice della F1, il brasiliano non faticò a trovare un antagonista degno di lui: Schumacher. Questo ragazzo tedesco dalla faccia squadrata e dal carattere timido da sembrare quasi scontroso, alla guida di una F1 si trasforma in un implacabile rapace pronto ad aggredire asfalto ed avversari.

Il dualismo con Senna esplose subito. I due campioni si annusavano e cominciavano ad odiarsi. Non c’era posto per due numeri uno e, mentre i due si sfidavano in pista, il destino decise di privarci di questo duello nel momento più alto. Nel 1994 Senna a Imola lasciò questo mondo da eroe, mentre era in testa alla corsa, con il tedesco da quel momento in poi ad imperare in F1 su una leva di piloti priva di veri talenti alla sua altezza.

Il passaggio alla Ferrari mise il tedesco dinnanzi il suo vero avversario: la scuderia italiana con le sue contraddizioni e la sua voglia di tornare grande. Già al secondo anno il cavallino capisce che il fantino è di un’altra pasta e, nonostante provi a disarcionarlo, alla fine capisce che deve soccombere consegnando il tedesco nell’olimpo di questo sport.

Instancabile con piu di 20000 km di test il tedesco trasforma la macchina e la squadra in un appendice di se stesso, quasi fosse una rockstar con la sua chitarra, dimostrando che vincere non è più un evento ma la normalità tanto da rendere le corse solo delle passarelle noiose.

Complici e cambi regolamentari nel 2005, il dominio s’interrompe. A raccogliere il testimone ci sono due campioni: Alonso focoso e latino e Raikkonen finlandese e freddo. Il loro dualismo tiene viva l’attenzione verso una F1 non più Schumacher dipendente, anzi il tedesco in difficoltà risveglia ancora di più l’interesse degli appassionati. L’anno dopo Schumacher lascia la F1. Saluta il circus con una prestazione maiuscola al Gran Premio del Brasile.

Finita la dittatura del tedesco la F1, fortunosamente, trova un giovane britannico, Hamilton che per talento e straffottenza ricordi i grandi del passato e un tedeschino, Vettel dotato di una velocità insistiva e una precisione di guida in qualifica quasi perfetta. Ai due nuovi grandi si aggiunge un “vecchio” stato grande: Schumacher non resiste e si cala nell’abitacolo di una Mercedes di F1.

Purtroppo il ritorno del tedesco è mesto e triste, ricorda un pò il ritorno di Borg, un nome altissonante ma ormai solo quello. Infatti nei due anni di corse le soddisfazioni sono poche e non può che essere da testimone ai grandi duelli di Hamilton, Vettel e Alonso, quando la sua Ferrari glielo permetteva.

Quando decide di riappendere il casco al chiodo, la F1 saluta un vecchio campione ma non può che gioire delle battaglie in pista tra Hamilton e Vettel.