F1 | Hamilton: GP Vietnam? Recuperare i circuiti storici

foto Massimo Bottazzi

Lewis Hamilton non ama la nuova tendenza presa da Liberty Media, nuova proprietaria della FOM, e in un’intervista alla BBC si dice contrario alla volontà di allargare il calendario e la platea dei Paesi partecipanti, dimostrandosi molto scettico sul nuovo GP Vietnam.

Per Hamilton, intervistato dalla BBC, la nuova tendenza a ricercare opportunità di investimento e di spettatori in Paesi che sinora non hanno avuto una tradizione motoristica alle spalle non fa l’interesse della Formula 1, che ad avviso del 5 volte Campione del mondo farebbe meglio a recuperare i propri circuiti storici, specie in terra europea.

Il perchè è presto detto: in passato si è già verificato che in questi Paesi (India, Turchia, Corea) si è dato vita a dei circuiti anche belli dal punto di vista tecnico e logistico, in cui però le gare hanno visto un numero di spettatori assai limitato, inducendo così gli organizzatori a chiudere anzitempo la loro avventura nel Circus iridato.

Hamilton non è nuovo a critiche nei confronti del management della F1 (a onor del vero già prima del passaggio della FOM a Liberty Media) e delle nuove regole introdotte per cercare di rendere le gare da un lato più avvincenti e dall’altro più sicure (Halo, per esempio), manifestando una certa insofferenza nei loro confronti. Le critiche del pilota inglese ricordano quelle di qualche anno fa lanciate da Bernie Ecclestone all’indirizzo delle Power unit, complicate e dispendiose, con tutti i problemi che hanno innescato sia a livello regolamentare (come nel caso delle penalità inflitte alla McLaren) che a livello contrattuale (come nel caso della fornitura alla Red Bull). Per cercare di ovviare ai problemi economici della F1, dunque, Liberty Media ha individuato come soluzione l’apertura a nuovi teatri di gara in scenari inediti.

Questi tracciati, però, vengono costruiti “copiando” in parte soluzioni già adottate in altri circuiti e privilegiando tracciati cittadini (come a Baku e, adesso, Hanoi), ma forse tra le copie e gli originali forse sarebbe preferibile recuperare questi ultimi (l’esempio di Imola è lampante)… La sensazione che si ha è però che il disegno e la progettazione dei circuiti – ormai affidati a un solo interprete, Hermann Tilke – stiano portando la F1 ad avere dei teatri di gara tecnicamente complicati ma troppo simili tra di loro, quando invece la caratteristica delle rassegne iridate di alcuni decenni fa era principalmente quella della variabilità dei circuiti. Il recupero dei tracciati di Città del Messico e del Paul Ricard sembrano aver mischiato un po’ le carte, soprattutto per le loro caratteristiche date dalla presenza di lunghi rettilinei, ai quali si aggiunge il difficile tracciato cittadino di Baku, atipico perchè permette di raggiungere punte particolarmente elevate. Ma la tendenza di Liberty Media e di Hermann Tilke sembra piuttosto quella di affidarsi alla creazione di circuiti cittadini perchè ritenuti di maggiore interesse, anche progettuale, e con costi decisamente minori rispetto alla realizzazione di un impianto permanente. Il rischio però è quello di inseguire quello che è stato un prodotto che ha costruito su questo terreno il proprio successo, vale a dire la Formula E, con il rischio di far perdere alla F1 il proprio patrimonio storico.