Mario Donnini e la strategia Ferrari a due punte

Deturpata dalla leadership in entrambe le classifiche iridate, la Ferrari è chiamata a ripartire subito. Ma sotto accusa, da parte di tifosi e appassionati, è il modo in cui la Ferrari gestisce i piloti. Mario Donnini, intervenuto a Pit Talk, ha analizzato la strategia di Maranello sul fronte piloti.

di Francesco Svelto |

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La Ferrari, dopo la semi-disfatta di Hockenheim, ha perso le vette di entrambe le classifiche, sia quella piloti che costruttori. La cosa è ovviamente non dovuta affatto a mancanze tecniche quanto ad un errori umani. Quello di Vettel, domenica scorsa, è stato pesante, gravissimo, e che potrebbe pesare tanto in ottica mondiale: da un potenziale +21 su Hamilton, il tedesco si è ritrovato a -17 in poco tempo, con un delta che ha raggiunto i 38 punti tra la situazione migliore e quella peggiore (che poi si è concretizzata).

Mario Donnini, intervenuto a Pit Talk, ha analizzato la strategia Ferrari di “giocare a una sola punta”, con una precisa gerarchia tra il primo e il secondo pilota. Questa, salvo qualche eccezione, è storicamente la tipologia di gestione che la Ferrari ha sempre preferito. Se oggi però la Ferrari si ritrova ad inseguire non è a causa della mancanza di una “seconda punta” – tanto per continuare a usare termini calcistici – quanto alla mancanza in zona gol dell’attaccante di riferimento. Vettel in questo caso.

Raikkonen, troppe volte, è stato nel bersaglio delle critiche per la presunta incapacità di sfruttare la situazione potenzialmente favorevole – per lui – causata da una mancanza del caposquadra. Molto spesso si dice che a mancare è Raikkonen che deve “togliere punti agli avversari”. Ma secondo Donnini la situazione è diversa.

“Non bisogna prendersela con Raikkonen. Molte volte si attacca il sistema di gestione piloti della Ferrari che prevede un primo e un secondo pilota. O accettiamo questo sistema oppure, se si vuole che la Ferrari giochi a due punte, bisogna prendere due top driver. Storicamente in Ferrari giocano a una punta, tranne forse il periodo del biennio 2007-2008 quando c’erano sia Felipe Massa che lo stesso Raikkonen e non si sapeva bene chi fosse il primo pilota. Per il resto, fin dall’arrivo di Schumacher, la Ferrari ha fatto una scelta ben precisa che prevede una punta e un centrocampista.

Il centrocampista non fa gol, la punta deve farlo. Raikkonen tra i centrocampisti – ovvero i cosiddetti numeri due – fa il suo dovere fino in fondo. Non deve vincere le gare e non è chiamato a farlo. Sono arrivati tanti mondiali nell’ultimo ventennio e quindi questo modo di interpretare e sfruttare le due macchine in pista è ampiamente giustificato nell’ottica dei risultati conseguiti!

E’ altresi vero che nonostante tutto, come ricorda Donnini, negli ultimi dieci anni la Ferrari si è ritrovata a non vincere un titolo. L’ultimo mondiale piloti è del 2007, l’ultimo costruttori è del 2008, ovvero proprio quel biennio citato in cui a Maranello si gestivano entrambi i piloti alla stessa maniera.

Una delle critiche più ricorrenti sul tema è che, però, avendo questa strategia con un primo e secondo pilota ben definiti, non si vincerà mai il mondiale costruttori. Ad oggi la Ferrari è dietro, secondo Donnini, non perché mancano i punti di Raikkonen bensì perché mancano quelli di Vettel. E il riferimento, neanche tanto velato, è agli errori fatti finora dal tedesco in stagione: ben quattro in quattro mesi (la staccata a Baku, l’impatto al via a Le Castellet, l’incomprensione con Sainz a Spielberg e conseguente penalità fino ad arrivare alla drammatica uscita sul viscido di Hockenheim).

Il tedesco ha dimostrato di soffrire psicologicamente il momento (ne abbiamo parlato qui: Mario Donnini: “Vettel soffre psicologicamente Hamilton”).

Messa in archivio Hockenheim, l’aspetto più positivo per la Ferrari sta nel ritrovarsi, già nel prossimo weekend, a fronteggiare una nuova sfida in pista, a Budapest. Potrebbe essere il teatro ottimale per Vettel di incanalare in pista la rabbia accumulata “a casa sua”.

 

Francesco Svelto