Ivan Capelli si racconta, storia di un pilota fin troppo leale

Ivan Capelli si racconta, a cuore aperto. Lo fa in una cornice apparentemente insolita, ma che con la Formula 1, forse, qualche legame ce l’ha. L’associazione “Per la Costituzione” (e anche chi scrive) ha avuto il privilegio di avere un contatto ravvicinato con l’ex commentatore tecnico di RaiSport ed ex-pilota in una conferenza del ciclo “Una vita spesa per la legalità” per ricordare una carriera e una storia di cui, forse, non abbiamo mai conosciuto abbastanza. Milanese nato e cresciuto in via Monza (un caso?), viene ricordato da tutti, addetti ai lavori e non, per una dote rara ai piloti d’oggi (ma anche di ieri): la lealtà.

Un pilota pacato, mai sopra le righe, apprezzato a tal punto da catturare le attenzioni di Enzo Ferrari, quando ancora gareggiava nelle formule minori. Si potrebbe definire un uomo d’altri tempi, che inizia la sua carriera in kart dopo aver accantonato il suo sogno di diventare calciatore, rivelandosi fortissimo sin da subito, tanto che vince il Campionato italiano della 100 Cadetti all’esordio e poi trionfa nell’Europeo. Nel frattempo una casa di telai e un costruttore di pneumatici lo ingaggiano per testare i loro prodotti da portare poi in gara. Sbarca in Formula 3 dove vince, anche lì, all’esordio con il record di 9 vittorie su 13 gare (imbattuto) e si aggiudica anche il titolo europeo, trionfando anche nel Gran Premio di Monaco. Poi è la volta della Formula 3000, in cui concluse il campionato settimo e dove compie una mezza impresa: a Donington azzecca la strategia delle gomme, studiandola con Cesare Garimboldi, dopo essere partito ultimo per arrivare terzo.

Ma qui arriva una di quelle telefonate che ti cambiano la vita: “Sono Ken Tyrrell“. Capelli pensa che fosse uno scherzo, ma in realtà si trattava proprio del Boscaiolo, che gli propone di entrare nella sua scuderia dopo aver avuto un rapido scambio di battute con lui proprio dopo la gara di Donington. Lo zio Ken riesce a portare Capelli sulle sue monoposto mentre stava ancora gareggiando in Formula 3000, ma ecco che arriva il dilemma: rimanere in Europa o andare in America? Il giovane milanese chiede consiglio e lo fa andando sul sicuro, visto che interpella nientemeno che Enzo Ferrari, che senza indugio lo porta a pensare a un progetto europeo, verso il sogno della Formula 1. I due si incontrano nel 1984, quando a Capelli i giornalisti consegnano la medaglia “Tazio Nuvolari” a Maranello (c’erano i vari Sabbatini, Cevegnini, Lini…) e il Drake -in un momento in cui i due potevano parlare da soli- gli chiede come vorrebbe proseguire la sua carriera e, dopo averlo ascoltato, gli consiglia di rimanere in Europa e, dopo averne già conosciuto le imprese, vuole avere sue notizie in merito alle scelte che farà. Alla fine, forse obbedendo al famoso detto che chi lascia la strada vecchia per la nuova sa quello che lascia ma non sa quello che trova, decide di rimanere in Europa e 6 mesi dopo quell’incontro decide di comunicarlo a Ferrari, che non si era scordato di quel pranzo e nel complimentarsi per la scelta deciderà di seguire gli sviluppi della sua carriera, ma purtroppo non riuscirà nell’impresa di portarlo a Maranello.

Cristian Buttazzoni
Cristian Buttazzoni
"Life is about passions. Thank you for sharing mine". (M. Schumacher) Una frase, una scelta di vita. Tutto simboleggiato da un numero, il 27 (rosso, ma non solo)

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