Al via le libere di Melbourne tra sei giorni. Una lunga attesa che è finita, un nuovo anno di F1 che sta per cominciare. Sarà lunghissimo. Un occhio al super-calendario di F1 della prossima stagione, un occhio ai record che cadono e cadranno. Un collegamento strano ma razionale. Pensieri e parole (e un consiglio) a una settimana dal semaforo verde.
di Francesco Svelto | Follow @f_svelto
Siamo alla vigilia del mondiale, meno di una settimana e ci ritroveremo la luce di quel semaforo verde dell’Albert Park che risplende come una luce nelle tenebre di una pausa invernale durata tanto, forse troppo. E finalmente saranno prove libere. Domenica la prima gara di un anno lungo, lunghissimo, il più lungo di sempre. 21 gare, due illustri ritorni, graditissimi, quelli di Francia e Germania. Un addio, quello della Malesia e addirittura tre back-to-back per permettere a tutti gli appuntamenti di essere disputati tra la fine di marzo e la ormai classica chiusura di fine novembre.
Ma al delle caratteristiche del nuovo calendario, un aspetto importante sarà proprio la sua lunghezza. 21 gare sono davvero tante, il record per la categoria. E quando si pensa ai tanti weekend che vedremo quest’anno, un cervellotico ma altrettanto razionale collegamento porta a pensare alle statistiche. Si, le statistiche. Quanti record ha battuto Lewis Hamilton l’anno scorso? Diversi. Ma tra questi spicca sicuramente quello delle pole-position conseguite.
Abbiamo visto l’inglese in Canada esultare commosso per l’aver eguagliato le 65 prime posizioni al sabato del grande Ayrton Senna, con tanto di cerimonia di consegna del casco del brasiliano che ha fatto tanto piacere al quattro-volte campione del mondo (a proposito… non si è ancora capito se quel casco fosse una replica oppure uno di quelli realmente indossato da Ayrton).
Commozione, tanta. Per poi vedere altrettante lacrime cadere qualche GP dopo quando Lewis, in Belgio, ha eguagliato la prima posizione di tutti i tempi di questa speciale classifica, quella che apparteneva fino a qualche mese fa a Michael Schumacher, con 68 imposizioni.
Fa sorridere ogni qual volta un pilota dell’era moderna arrivi a battere un record, specialmente se questo record arriva a decadere dopo anni e anni. E qui torna il collegamento alla lunghezza del calendario. Quando nacque la F1, tra gli anni 50 e 60, i GP in calendario erano 8/10, negli anni 70 arrivarono a 12/13, negli anni 90 siamo arrivati a 16/17. Ciò significa che il numero di vittorie o di pole position o qualsivoglia altro dato numerico di qualche personaggio con gli attributi come Sir. Jackie Stewart, Niki Lauda o Jim Clark non può e non deve essere mai affiancato ai numeri dei piloti attuali. La generazione moderna della F1 arriva a fare in un anno circa il doppio delle gare dei piloti degli anni addietro.
E vogliamo tirare in ballo quel fatidico numeretto che rappresenta il numero di mondiali vinti da ogni pilota? Per la prima volta nella storia della F1, nel 2018 avremo ben due tetracampioni del mondo: Seb Vettel e Lewis Hamilton. Insieme a Raikkonen ed Alonso saranno ben 11 titoli in griglia. Un numero abnorme e frutto, questo, no di certo della lunghezza del calendario ma della sempre crescente restrizione regolamentare che vige in F1. Prima ci hanno tolto la libertà architetturale (bei ricordi quando in pista c’erano tutti insieme i V8, i V10 e i V12), poi ci hanno limitato l’aerodinamica. I progettisti invece di disegnare una macchina sulla base delle loro più recondite fantasie e inventive, devono prima leggere e studiare per bene il regolamento tecnico, al fine di trovare qualche zona grigia del regolamento dove andare ad incuneare una innovazione che potrebbe dare un boost eccezionale alla vettura. E molto spesso quel boost si rivela vincente. Forse questo non è il caso di Mercedes – eccellente in ogni singolo aspetto – che da quando è stata introdotta l’era ibrida in F1 ha dominato in lungo e in largo con numeri che hanno determinato il più grande dominio della storia della F1. Ma questo concetto fa capire come per gli altri, senza troppe idee da tirar fuori, diventa difficile contrastare i leader non solo di un anno ma di una intera epoca. E cosi i titoli, per le singole squadre ed i piloti, crescono in maniera esponenziale. E i record cadono.
Infine una rapida citazione ai punti che si dividono i piloti ad di ogni gara. Fino agli anni 90 i punti per la vittoria erano 9. Poi son diventati 10. Poi 25. Parlare di record di punti conseguiti in carriera non ha veramente senso.
Ma va bene cosi. Il mondo evolve e con esso la F1. In fondo è la categoria che tanto amiamo e di cui mai potremo fare a meno. Soltanto ci sembra doveroso puntualizzare questa piccola postilla relativa alle statistiche: quando cadrà il prossimo record – perchè cadrà a breve – evitiamo inutili ed ingiusti paragoni col passato. Evitiamo di paragonare le epoche, i piloti, le vetture. Non è giusto. Non è una pratica razionalmente ponderata. Sfogliare le statistiche in questo sport è dannoso e non pone giustizia a tutti coloro, passati e presenti, che hanno fatto della F1 l’eccellenza mondiale del motorsport.
Francesco Svelto