Stiamo per assistere alla prima presentazione di una monoposto 2018. Giovedì prossimo, 15 febbraio, cadranno i veli sulla Williams. Ma al di la dell’evento, soffermiamoci un attimo a pensare alle gesta di uomo che ha dato vita ad una storia leggendaria e che quest’anno metterà, per la quarantunesima volta, una sua vettura in giro per i tracciati di tutto il mondo.
di Francesco Svelto | Follow @f_svelto
Tra meno di una settimana, il 15 febbraio, si alzerà il sipario sulla prima monoposto del 2018 e si inizierà a respirare aria di F1, quella vera, finalmente. Dopo un inverno di chiacchiericci, di cose dette e non dette, di notizie false o pompate, vedremo finalmente una monoposto vera, autentica, un qualcosa che emozionerà semplicemente per il fatto che scenderà in pista sul un manto d’asfalto. E scusate se è poco.
La prima macchina dalla quale cadranno i veli sarà la Williams FW41, con una presentazione che avverrà a Londra. La mente viaggia, riflette. La Williams, proprio lei, l’ultimo team privato di una generazione di garagisti (cosi Enzo Ferrari amava chiamare quei privati che nella golden age della F1 mettevano su un telaio, compravano un motore – molto spesso il buon vecchio Cosworth – e andavano in pista a gareggiare contro le sue vetture).
Il nome WIlliams affascina e non poco tutti gli appassionati di motorsport, non solo di F1. Dietro quel nome vi è una storia lunga, tormentata, condita da momenti belli, trionfi ai massimi livelli dello sport mondiale ma anche di tante tragedie. Williams è sempre stato un “malato” delle corse, nell’accezione più positiva del termine. Iniziò a correre in Inghilterra addirittura vendendo una sua proprietà. Quei soldi gli permisero di apparire e farsi un nome nel mondo delle corse locali. Ma Frank puntava molto più in alto. Fondò il suo team, fece gavetta nelle categorie minori e poi arrivò, non senza difficoltà, fino all F1. Il resto è storia nota, facilmente consultabile anche semplicemente su Wikipedia.
Di recente mi è capitato di vedere il docufilm dedicato a Sir. Frank e al suo team sulla piattaforma Netflix. Ho particolarmente apprezzato come il regista, Morgan Matthews, abbia dato molta enfasi alla corazza che Sir Frank mostra al mondo intero. Corazza che gli ha permesso di superare apparentemente senza difficoltà i momenti più drammatici della sua esperienza nel mondo delle corse, riferimento alle scomparse del suo caro amico e pilota Piers Courage e del grande Ayrton Senna, entrambi alla guida delle sue vetture. Il patron Williams in questi momenti appariva di un cinismo quasi irreale ma dentro di se, l’uomo Frank, era disperato, distrutto da un dolore che non poteva e non doveva mostrare agli altri. I racconti di quei momenti, all’interno del documentario, da parte sua e della figlia, Claire, sono struggenti, di una ricchezza di umanità che sorprende.
Il documentario pone enfasi anche su altri due aspetti importanti della vita di Frank: il rapporto con la compagna della sua vita, che lo ha sempre sostenuto e senza la quale il team stesso non sarebbe sopravvissuto e il racconto – ricordato da suoi collaboratori e amici come Peter Windsor e Patrick Head – del terribile incidente che diede inizio la sua vita su di una sedia a rotelle, nel 1986, poco prima che esplodesse una delle più autentiche e crude rivalità della storia della F1, quella tra Nigel Mansell e Nelson Piquet, periodo vissuto dal team senza la guida sapiente del suo comandante, impossibilitato in un letto d’ospedale, con la moglie che gli ha salvato la vita evitando che gli venisse staccata la spina.
Insomma, documentario a parte, è bello sapere che dietro quelle vetture, dietro al boss del team, vi è un uomo che ha ha voluto vivere – cosi come altri famosi personaggi di quelle epoche – una vita dedita alle corse, alla passione per la competizione, al perseguimento dei propri obiettivi nonostante gli eventi lo abbiano potuto colpire molto duramente. Quando vedremo sfilare i veli da quella macchina, giovedì prossimo, soffermiamoci un attimo a pensare di essere davanti all’ennesimo capolavoro di una leggenda vivente.
Francesco Svelto