Robert Kubica a 33 anni potrebbe risorgere. O quantomeno rialzarsi. Quella del polacco devoto a Papa Wojtyla è una triste parabola che lo ha portato dalle alte sfere della Formula1 agli inferi dell’oblio, nel breve spazio di un terribile impatto contro un guard rail. Sette anni di passione. Un calvario fatto di operazioni e di occasioni svanite, ma anche di speranze mai sopite. Robert ha portato la sua croce con dignità ed onore, tornando a vincere proprio in quei rally che hanno rappresentato il suo Golgota. Ora, sfumata la possibilità del rientro in Formula 1 da titolare, rimane per lui un’ultima carta da giocare: riproporsi in veste di terzo pilota Williams. Ma accetterà, il buon Robert, l’offerta del team che come Giuda lo ha tradito, anche se per un bel po’ di più di trenta denari?
La storia di Kubica è di quelle che fanno male. Arriva diretta come una coltellata e lascia una ferita difficile da rimarginare. Robert è già leggenda quando cerca di tornare in Formula 1 dopo sette anni di assenza. Tutti fanno il tifo per lui. Per il suo coraggio. Per la sua determinazione. L’avvicendamento inizia in sordina, dapprima con alcuni test al simulatore. Poi l’occasione di una prova in pista, lo scorso 6 giugno a Valencia, al volante di una Renault del 2012. Robert inanella 115 giri, fa segnare buoni tempi, registra sensazioni positive. Ci crede, insomma. Spera e ci fa sperare. Che sia una favola a lieto fine. Che sia finito quel braccio di ferro contro il destino. Che sia l’inizio di una nuova sfida.
Le speranze sembrano farsi certezze grazie ai test Pirelli ad Abu Dhabi del 28 e 29 novembre 2017. Il polacco, alla guida della Williams FW40, percorre 500 giri nella prima giornata e conquista il settimo tempo totale in 1’39″451 nella seconda. Numeri incoraggianti che paiono sufficienti per garantirgli l’ingaggio. Purtroppo, come in ogni favola che si rispetti, non può mancare la strega cattiva. E in questo caso assume le sembianze del giovane Sergej Sirotkin. Il ragazzo moscovita, già terzo pilota Renault, porta in dote 15 milioni di euro, forte di uno sponsor bancario che promuove i programmi dei giovani piloti russi. E questo appare alla Williams un ottimo motivo per preferirlo a Kubica. A dispetto del talento, dell’umanità, dell’eroismo. Al cospetto del dio denaro che tutto può nei confronti della passione. Altri sogni in frantumi. Altri desideri inceneriti ancora prima di essere espressi. Non basterà l’appeal di Nico Rosberg, da settembre manager di Robert, per ribaltare le sorti di una decisione che ha il sapore di una condanna. Né il suo fare da principe azzurro, né le varie offerte proposte (tra le quali un bonus di un milione di dollari a gara per i primi sette Gran Premi) riusciranno a riportare in corsa la candidatura del polacco.
In realtà alcune indiscrezioni indicavano la scelta di Sirotkin come ascrivibile a motivi di rendimento. Nello specifico il russo si sarebbe mostrato più veloce di Kubica. Ciò risulta essere vero solo in parte, perchè se da un lato Robert ha faticato maggiormente ad adattarsi alle nuove mescole Pirelli, va ricordato che nel secondo giorno di test ad Abu Dhabi il polacco ha ottenuto un crono di circa mezzo secondo più veloce rispetto al tempo segnato da Sirotkin. Mario Isola, responsabile del reparto motorsport Pirelli, interviene al riguardo: “Kubica ha guidato i nostri pneumatici nei test prestagionali di Valencia del 2011, quindi un minimo di riscontro lo aveva. Ma non si può pretendere che un pilota che non guida auto di Formula 1 da sei o sette anni salti in macchina e dopo due giorni sia a livello dei migliori. Non si può fare un confronto con chi ha svolto dei test e conosce già bene le gomme. Robert è un pilota molto veloce e ha ancora molto da dare, purtroppo ha bisogno di tempo per mostrare tutto il proprio potenziale.“
Già. Il tempo. Come se Kubica non avesse atteso abbastanza. Come se questi sette anni di purgatorio non fossero stati sufficienti per garantirgli una meritata ascesa. La Williams invece vorrebbe che lui partisse dal basso, che riprendesse da dove aveva iniziato, facendo la riserva. Questa l’ultima proposta. Un ruolo da terzo pilota e la possibilità di guidare nei test ed in alcune sessioni di prove libere in cambio della sua esperienza nello sviluppo della macchina. Le sue doti da collaudatore lo renderebbero il candidato ideale per supportare i giovani Stroll e Sirotkin, e, all’occasione, per pungolarli in caso di scarso rendimento. Si tratterebbe di un ruolo tecnico, di una sorta di supervisione all’interno della squadra. È troppo poco per Robert? Onestamente sì. La sua carriera e il suo vissuto avrebbero meritato ben altro palcoscenico. Invece si ritrova a rientrare dalla porta di servizio. Ma probabilmente questo può bastargli. Come motivazione. Come riscatto. Come rinascita. E allora, forse, avremo un’altra storia da raccontare.