La storia del quadrifoglio non finisce certo qui, perché Sivocci, insieme a tutta la squadra Alfa, a settembre sale a Monza per il primo Gran Premio d’Europa, con 4 monoposto appena uscite dalla fabbrica. Nell’assegnazione dei numeri di gara, a Sivocci tocca il 17, che scaramanticamente non porta per nulla bene. Infatti, l’auto di Sivocci accusa dei problemi e lungaggini nella messa a punto che costringono i meccanici a un lavoro extra. Dunque, niente quadrifoglio sulla livrea, Sivocci deve per forza scendere in pista con l’auto immacolata, senza il suo amato quadrifoglio verde. La cosa incredibile è che proprio nel corso di quelle prove lo scopritore di Enzo Ferrari perderà la vita, generando stupore e incredulità in tutto l’ambiente. Una serie di circostanze sfortunate o davvero la malasorte ci ha messo lo zampino? Non si sa, quello che è certo è che l’automobile di Sivocci esce di strada e lo uccide sul colpo. Certo è che qualcuno, forse, per una volta ha creduto alla scaramanzia: se, infatti, in Inghilterra non si gareggia con il numero 13, in Italia si è deciso di fare lo stesso anche con il numero 17 anche per la scomparsa, pochi mesi prima, di Biagio Nazzaro, anche lui su una vettura che portava lo stesso numero. E quel quadrifoglio?
L’Alfa Romeo non ha praticamente avuto simboli, salvo il proprio, il Biscione e la croce di Milano; un legame indissolubile con la propria terra che la contraddistinguerà lungo tutta la sua avventura. Ma a questi simboli si è deciso di aggiungerne un altro, dal valore forse simbolico e, perché no, anche scaramantico: proprio quel quadrifoglio viene ridisegnato e adottato su tutte le vetture da corsa della Casa di Arese nonché sui modelli più rappresentativi e la cosa, di lì a qualche anno, porterà subito fortuna, con i primi due mondiali nella storia della Formula 1 con Farina e Fangio. Anche se, per rispettare la figura di Sivocci, il quadrifoglio verrà rappresentato non più su un quadrato ma su un triangolo (il lato che manca rappresenta proprio la scomparsa del pilota casertano). Un simbolo che è rimasto e rimarrà immortale, tanto che nemmeno la tragedia di Depailler nel 1980 farà sì che quel quadrifoglio venga abbandonato e tolto dalle automobili del Biscione. Simboli, dunque, che resistono nel tempo, come il Cavallino rampante della Ferrari, e rafforzano ancora di più il mito di queste scuderie, dei personaggi che le hanno rese celebri e delle storie che nel corso dei decenni hanno scritto in modo indelebile.