F1, serve una rivoluzione di regolamenti e mentalità

Il grande circo della F1 ha bisogno di un cambio di marcia. L’ascesa della Formula E potrebbe complicare ulteriormente i piani della classe regina ma proprio da essa ci potrebbe essere qualche aspetto da apprendere.

Sin dagli albori, la F1 ha sempre rappresentato la massima espressione della tecnologia applicata all’automobile, costantemente dimostrata nelle varie epoche in cui la scienza applicata alla vettura imponeva un cambio di passo, con logica conseguenza nella sua traduzione nei confronti dell’industria delle quattro ruote. Infatti, molte di quelle migliorie provenienti dalla massima serie, oggi risiedono nelle nostre semplici vetture stradali, come ad esempio il controllo di trazione o della frenata se pensassimo al solo “prodotto finito”, per non parlare di tutte quelle innovazioni da “dietro le quinte” che hanno contribuito direttamente su quello che noi “vediamo” e “tocchiamo”.

Il tutto, è sempre stato caratterizzato dalla libera creatività ed “immaginazione” di quei tecnici che da “signori Nessuno” si sono poi trasformati come pionieri della massima espressione dell’automobilismo mondiale nelle varie aree di competenza, in anni dove le ristrettezze dei regolamenti erano veramente minime. Come non guardare, con un pizzico di nostalgia, quelle epoche in cui coesistevano in griglia vetture con 8, 10, 12 cilindri, di cui qualcuno con motori turbo-compressi, oppure filosofie progettuali dove l’impostazione aerodinamica potesse compensare un certo gap motoristico.

Oggi invece i limiti a tale creatività sono molti, forse troppi, nella persecuzione di trovare il giusto compromesso tra lo spettacolo in pista e l’espressione della tecnologia come guida nei confronti di tutta l’industria automobilistica. Sia chiaro, non vi è nulla di sbagliato nell’avere la F1 nel suo ruolo pionieristico nei confronti di tutto il settore, anzi. Ma su questo punto, bisogna ammetterlo, c’è il rischio che il circus venga insidiato dall’ascesa di quella competizione che sta facendo parlare sempre più spesso di sè, con buona pace dei puristi, o finti tali, delle competizioni assordanti nel rombo dei motori, della puzza di benzina e delle scazzottate tra piloti.

Stiamo parlando della Formula E, la quale per quanto stia soltanto alla quarta stagione della sua storia, ha mobilitato un discreto volume di tifosi, un giro d’affari non indifferente, ma soprattutto i principali costruttori mondiali e il tutto porterà la F1 a dover prendere decisioni importanti per la sua “vita” commerciale.

Infatti, la massima serie, nella sua legittima logica di seguire il progresso è “finita” nell’era delle power unit, visto che l’ibrido è la tecnologia motoristica del momento, che ha richiamato fior fior di investimenti e piani industriali a vent’anni nei Consigli di Amministrazione delle maggiori corporation dell’automobile. E intendiamoci, tutto bello il duello tra Vettel e Hamilton lo scorso anno, le gare e via discorrendo, ma troppa poca importanza è stata data al fatto che le vetture di questa epoca richiedono 140 litri di benzina per compiere una gara, a dispetto dei 220 richiesti negli anni 90, pur avendo delle prestazioni notevolmente migliori rispetto all’ultima decade del secolo scorso. Questo è un risultato tecnologico strabiliante.

Il problema nasce, paradossalmente, proprio dalla natura stessa della F1. Infatti, secondo la logica del progresso intrinseco alla classe regina, l’evoluzione dell’ibrido dovrebbe sconfinare nella tecnologia elettrica, che però è stata già conquistata dalla Formula E, che su questo aspetto ha già richiamato quei costruttori in grado di dare una spallata potente a tutto il settore. Quindi, a voler seguire l’evoluzione tecnologia della serie si dovrebbe andare in “concorrenza” con la competizione full-electric con il rischio di pestarsi i piedi? E a quel punto cosa significherà il prodotto F1?

Ecco quindi che serve un cambio di passo, enorme, rapido, e le scelte sono da farsi all’interno di una rosa di poche possibilità: continuare nell’evoluzione tecnologica con il rischio di creare uno scontro esistenziale con la Formula E o staccarsi dal ruolo pionieristico nel settore dell’automobile e diventare un prodotto di competizione nudo e crudo?

O magari consigliare un percorso intermedio, in cui all’interno di un recinto ben definito da un regolamento tecnico di poche pagine (provate a scaricarvi quello del 2017) si lasci sguazzare la libera creatività dei tecnici come avveniva una volta? Porre come unico limite, magari, il peso minimo e la cilindrata massima, con possibilità di mettere in pista l’ibrido, il termico, tre turbocompressori, un cilindro sdraiato, alettoni da deltaplano e chi più ne ha più ne metta.

Purtroppo però, bisogna registrare che al momento non sembra prendersi in considerazione la cosa, e l’idea dei tre motori del corso del 2018 non sembra andare proprio in quella decisione. l’ostacolo però, potrebbe essere più vicino del previsto.