Alfa Romeo 177-179: la sfida della Casa di Arese all’effetto suolo

La storia dell’Alfa Romeo in Formula 1 vive negli anni Settanta una delle sue pagine più importanti, grazie a una delle innovazioni di Carlo Chiti che faranno storia nel mondo della Formula 1: il motore boxer. Un’invenzione che, peraltro, verrà già sperimentata dalla Ferrari e che caratterizzerà gli anni dei grandi trionfi di Lauda e Scheckter, ripresa poi dalla Casa milanese che porterà questa soluzione al successo nel Mondiale Sportprototipi.

A ruota, dunque, il progetto 33TT12, che vince il titolo proprio mentre Lauda riporta la Ferrari al trionfo in Formula 1 dopo 11 anni, apre la strada a quella che sarà la “doppia vita” dell’Alfa, come fornitore di motori e come team, trovando in questo un alleato fondamentale: Bernie Ecclestone. Sarà lui, infatti, a stringere l’accordo con la Casa di Arese per la fornitura dei voluminosi e ingombranti boxer milanesi, solo che i motoristi non avevano considerato la variabile Murray. Le linee del progettista sudafricano, infatti, mal si conciliavano con l’ingombro e il peso del 12 cilindri; nonostante questo, il genio sudafricano riesce nell’impresa di creare una vettura competitiva, la BT46, che riesce nell’impresa di vincere due gare nel 1978, ma che presentava problemi di gestione e di equilibrio aerodinamico della vettura, tanto da obbligare i tecnici della Brabham a intervenire con un accorgimento di certo non invisibile: un enorme ventilatore posizionato sotto l’alettone posteriore. Novità efficace, anche troppo… tanto da scatenare un fiume di polemiche che porteranno al taglio immediato della soluzione. Ma la stagione della Brabham, come detto,  non è certo avara di risultati e vincerà anche il Gran Premio d’Italia, quello in cui perderà la vita Ronnie Peterson e consegnerà il titolo a Mario Andretti.