Ivan Capelli, Presidente dell’ACI Milano ed ex driver Tyrell, Leyton House e Ferrari (solo per citare alcuni dei team con i quali il milanese ha corso in F1), è convinto che Halo apporterà un beneficio importante alla sicurezza dei piloti, con l’augurio che l’essere umano diventi sempre più uno dei fondamenti sui quali si baserà lo sviluppo dell’automobile e dei futuri regolamenti della massima serie.
Di Alessandro Bucci
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Intervenuto in qualità di relatore all’interno del convegno “Dalla pista alla strada”, tenutosi nella giornata di martedì 5 dicembre presso la Sala Concerto di Bologna Fiere, Ivan Capelli ha fornito un’interessante spaccato sul presente ed il futuro dell’automobile, non mancando di evidenziare le differenze nello stile di guida tra i piloti della sua generazione e quelli attuali.
L’interessantissimo convegno (moderato dal celebre giornalista della Gazzetta dello Sport, Pino Allievi), che ha visto la partecipazione dell’Ing. Gian Paolo Dallara, del Responsabile Relazioni Esterne Automotive Quattroruote Carlo Cavicchi, del Campione di Rally Paolo Andreucci e dell’ex pilota di F1 ed attuale coach driver Andrea Montermini, è stato uno degli eventi più stimolanti tenutisi sino ad ora al Motor Show, generando un vivo interesse da parte del pubblico presente. Ivan Capelli, attuale presidente dell’ACI Milano e commentatore RAI delle gare di F1 dal 1998 al fianco di Gianfranco Mazzoni, si è concesso ai nostri microfoni per approfondimenti sulle nuove sfide che attendono il mondo dell’automobile e della F1.
Innanzitutto partiamo con il commentare il convegno “Dalla pista alla strada” che ha suscitato interesse proponendo dei temi molto delicati e importanti che riguardano il passato, il presente e il futuro dell’automobile.
“Senza dubbio esistono temi tecnologici molto interessanti, perché l’auto sta vivendo un momento di grande sviluppo. Alle porte ci aspetta l’automazione prima di tutto, e questo suscita tanti interessi, dubbi e aspettative. Anche creare un automobile che abbia un impatto sempre più basso per quanto concerne l’inquinamento, sino ad arrivare al suo annullamento se possibile. Questi sono temi fondamentali. Il suddetto aspetto, tuttavia, deve viaggiare parallelamente alla ricerca della sicurezza perché l’uomo sarà sempre all’interno dell’automobile, sia che sia un passeggero attivo o passivo. Ci saranno sempre delle persone che necessitano di protezione”.
Un suo commento sull’Halo. Come mai non è stato introdotto anche in Formula E?
“L’Halo è uno sviluppo obbligatorio in virtù del fatto che vi sono ancora dinamiche d’incidente che lasciano la testa del pilota troppo esposta. Come nella politica della FIA, i sistemi di protezione che sono stati inseriti negli ultimi anni vengono prima testati in F1, poi inseriti in tutte le altre categorie. Infatti la F2 prevederà la presenza dell’Halo a partire dalll’anno successivo, probabilmente in Formula E non è stato ancora possibile creare il presupposto per inserirlo sulle vetture. Va considerato che Halo non è soltato un accessorio da integrare, ma un elemento strutturale. Dal punto di vista visivo, sicuramente, molti puristi storceranno il naso, ma come accaduto in passato con l’Hans, un dispostitvo inizialmente criticato dai piloti, tutti si abitueranno. E’ un normale processo che si compirà”.
Riguardo alle significative modifiche che Liberty Media intende operare dal 2021, si arriverà ad un compromesso?
“Sicuramente si tratterà di un compromesso. I nuovi regolamenti andranno a impattare sul futuro, sullo sviluppo e lo spettacolo della F1. Liberty Media ha in mano un prodotto che, se rilanciato, può essere davvero vincente. L’errore che Liberty Media non deve fare è cambiare per cambiare. Alcuni aspetti sono positivi già oggi. In veste di organizzatore del GP di Monza, mi sento di affermare che sarebbe opportuno coinvolgere maggiormente gli organizzatori, avere una distribuzione dell’economia più equa e che dia la possibilità a chi organizza di restare in piedi senza dover fare ogni volta i salti mortali per riuscire ad impegnarsi con il governo, ad esempio. Parlo anche dei GP stranieri ovviamente.
L’uomo comunque rimarrà sempre il punto focale, come accade in tante altre categorie. Proprio sull’uomo i vertici dovranno investire maggiormente, considerando i protagonisti del Mondiale come degli showman. Ad Austin, ad esempio, molti hanno bollato ad ‘americanata’ la presentazione dei piloti nel tipico stile americano, mentre altri l’hanno esaltata perché tutto sommato è stata qualcosa di diverso. La F1 è un mondo che per certi versi deve svecchiarsi, ma al contempo non deve perdere la propria storia, le proprie abitudini e la propria identità. Ben vengano dunque tutte le novità che Liberty Media vorrà apportare, naturalmente tutte le idee andranno poi vagliate”.
Nell’epoca in cui Lei ha corso con March e Leyton House, molte scuderie potevano permettersi il lusso di provarci e questo contribuiva al pathos generale della serie. Nell’88, a Suzuka, si trovò con la March in mezzo alle due McLaren Honda in lotta per il titolo, regalando grande spettacolo. Che emozione è stata e cosa significava pilotare quelle macchine?
“Fu un po’ come la sfida di “Davide contro Golia”. All’epoca la guida era molto fisica, un pianeta diverso rispetto ad ora sotto tutti i fronti. Non sto dicendo che ora sia semplice pilotare una F1, sia chiaro. Con March sapevamo di avere dei mezzi tecnologicamente validi, ma con delle risorse molto inferiori ai team di vertice. All’epoca con la fantasia si poteva ovviare ai limiti economici, mentre oggi questi ultimi impongono che le vetture e i regolamenti debbano essere studiati più volte sin nei minimi dettagli. Le macchine, inoltre, debbono essere fabbricate con una determinata qualità. Detto questo, oggi entrare in F1 significa mettere sul tavolo dai 150 ai 200 milioni di Euro. Cifre improponibili per un team che vuole solamente iniziare nella massima serie”.
Sarà possibile riportare maggior fantasia in futuro?
“Questo è uno dei temi basilari che Liberty Media e Ross Brawn dovranno cercare di sviluppare e migliorare. Altrimenti la F1 diventerà un bell’esercizio tecnologico, ma riservato a pochissimi”.