Hamilton: auto esaltazione per il mondiale ma dimentica la Ferrari

Lewis Hamilton è in una fase di auto esaltazione post mondiale. L’inglese sente di aver dato tutto nel superare le avversità dovute alla W08 che ha definito come “la vettura che più mi ha messo in difficoltà in tutta la mia carriera”. Ma è davvero cosi? I numeri dicono altro. E infine dimentica la validità del progetto Ferrari. 

di Francesco Svelto |

Che Lewis Hamiton sia un tipo estroso, lo si sa. Movenze da rapper navigato, un atteggiamento ermetico e modi di vestire talvolta bizzarri, fanno del tetracampione inglese un personaggio unico nel panorama del motorsport mondiale. Ad Hamilton piace non poco ricevere le attenzioni dei media su di se, gli obiettivi delle telecamere puntati addosso. E se non ce li ha, li richiama. Di recente, in queste festività di fine anno, hanno molto fatto scalpore le sue esternazioni – ovviamente atte all’ennesima esaltazione del suo ego – secondo le quali la W08 EQ Power+ con cui ha vinto il mondiale sia stata la vettura più difficile da mettere a punto nell’arco della sua intera carriera. Cercare la reazione ai problemi, tirare fuori quindi il meglio e anche di più da una situazione complicata è stato il valore aggiunto, secondo l’inglese, che ha legittimato la conquista del suo quarto mondiale.

Ora, lungi da noi asserire il contrario – non potremmo mai avere la controprova – ma pensare alla Mercedes 2017 come una vettura ingestibile, stona un bel po’. La storia del 2017 ci dice che non è cosi. O almeno non del tutto. Valtteri Bottas, che di sicuro non è Hamilton, ha comunque vinto tre gare e lo stesso inglese ha addirittura guidato in tutta tranquillità in parecchie occasioni soprattutto verso il finale. E’ altresì vero che gli argentei, soprattutto nella fase iniziale della stagione hanno avuto una serie di note difficoltà relativamente agli assetti, e che avevano come conseguenza una gestione piuttosto complicata degli pneumatici. In pratica, per la Mercedes, la finestra del corretto utilizzo delle gomme e la massimizzazione del rendimento era piuttosto stretta. Da qui la difficoltà nel settare la macchina. La Ferrari ha messo in pista un progetto valido ed è stata bravissima a sfruttare queste difficoltà per portarsi temporaneamente in vantaggio, arrivando addirittura a Montecarlo ad avere un +25 in classifica piloti. Niente male.

Vincere cinque gare in una sola stagione nella F1 di questi tempi è roba veramente difficile. Se pensiamo che in tutta l’era turbo-ibrida la Mercedes ha totalizzato oltre 63 vittorie in 79 GP (nelle quattro stagioni 2014-2017) mentre Ferrari e Red Bull sono entrambe a quota 8, averne colte cinque soltanto nel 2017 da un po’ l’idea di come sia stata una stagione molto positiva ma conclusa dietro ai migliori del lotto, sia per quanto riguarda il profilo del pilota, sia per quanto riguarda l’aspetto di auto e motore: Hamilton, la W08 e il powertrain Mercedes, almeno dal post Ungheria, hanno dimostrato di essere il miglior connubio possibile, arrivato ad un grado di evoluzione tale da non avere rivali. In barba alle difficoltà di setup.

Anche Mario Donnini di Autosprint, che abbiamo intervistato sull’argomento, ha ribadito questo concetto: “La Ferrari è geneticamente nata per essere prima e il 2017 non poteva essere la stagione della rivincita perchè ha vinto quanto di meglio c’è in F1 ad oggi. Però hanno dato un segnale di forte vitalità. Ora bisogna vedere se questo segnale rimarrà isolato oppure sarà soltanto il primo step di una crescita che li porterà, magari l’anno prossimo, a giocarsela alla pari per il titolo mondiale!”

Si potrebbe discutere per ore sui perchè e i percome la Ferrari abbia perso il titolo dopo che era arrivata alla vigilia di Monza, quindi a 2/3 della distanza totale del mondiale, in vantaggio di classifica. Le tre trasferte asiatiche, per motivi diversi, hanno dato a Maranello tre pesanti sberle impossibili da metabolizzare. Ma al di la dei problemi di affidabilità che la Ferrari ha patito a Kuala Lumpur e Suzuka, e che forse derivavano da un tuning eccessivo della SF70-H atto a colmare un deficit prestazionale divenuto troppo grande a Monza, Donnini sottolinea come la gestione dei piloti a Singapore sia stata alquanto controversa:

“La questione dei piloti a Singapore è una cosa che mi ha lasciato perplesso per come essi non siano stati gestiti. E’ stato il punto di svolta stagionale. La Ferrari avrebbe perso comunque ma in quel modo lascia l’amaro in bocca: Raikkonen che parte alla in quel modo, restando a sinistra e tirando la staccata sul bagnato mentre il suo “capitano” era alla sua destra… era prevedibile che una situazione del genere portasse a qualcosa di brutto! Poi ci son stati i problemi di affidabilità ma io dico anche che la Ferrari è stata l’unica casa al mondo, in questa era turbo-ibrida, che ha fatto provare brividi alla Mercedes, l’unica a costruire un contraltare credibile. Purtroppo è durato soltanto metà stagione!”.

In barba alle difficoltà di setup.

Francesco Svelto