In ricordo di Andrea De Cesaris . Pilota romano capace di correre 208 Gran Premi in carriera senza vincerne nemmeno uno riuscendo spesso, però, a far sognare tantissimi tifosi.
E’ una domenica sera d’inizio ottobre del 2014. Fa freddo a Roma. Tanto freddo. Forse fin troppo visto il periodo dell’anno. Nel cuore di ogni appassionato di corse, in quella domenica 5 ottobre del 2014, c’è già un gelo che cala giù dalla schiena come una lingua di ghiaccio in una qualsiasi catena montuosa mondiale a vostra scelta. Ma quella sera, il gelo più freddo che possiate immaginare sta per diventare ancor più freddo. Sul Grande Raccordo Anulare (GRA per gli addetti ai lavori) c’è una coda infernale. Siamo vicini alla Bufalotta e li c’è un centro commerciale. Solita frenesia da shopping che sostituisce le domenica estive al mare? No. C’è un incidente. Grave, anzi gravissimo. Una moto, per cause ignote, si è schiantata contro il jersey che divide le carreggiate. Chi la guida pare subito in condizioni disperate. Costui è Andrea de Cesaris. Quando arriva all’ospedale “Mandingo” De Cesaris è già spirato. Sta maledetta domenica è finita peggio di come era iniziata. Jules Bianchi è incappato nell’incidente che li costerà la vita otto mesi più tardi, e dodici ore dopo uno dei piloti italiani più importanti della F1 è morto in un incidente stradale.
O lo ami o lo odi: Andrea de Cesaris nasce il 31 maggio del 1959 a Roma e inizia a correre prestissimo, all’età di tredici anni. In cinque anni, vince tutto quello che c’è da vincere a livello nazionale e continentale sui kart. A 18 anni compie il salto sulle monoposto, sfiorando il titolo di F3 Inglese e guidando per team manager storici come Tim Schenken e Ron Dennis. Nel 1980 debutta in F1 alla guida dell’Alfa Romeo, al Gp del Canada. Due sole gare, in sostituzione di Vittorio Brambilla, sono più che sufficienti per mostrare al mondo delle corse il suo talento. L’anno successivo viene ingaggiato dalla Mclaren come seconda guida di John Watson. Quel 1981 è un anno travagliatissimo per De Cesaris. Risultati scarni a parte, De Cesaris si trova spesso in conflitto col team. La Mclaren rimprovera a De Cesaris di essere troppo scanzonato fuori dal box e troppo irruento in gara. Mayer e soci lo accusarono spesso di essere uno sfascia macchine, poco incline a lavorare per il bene della squadra. De Cesaris, dal canto suo, accusa la Mclaren di non metterlo mai in condizione di dare il massimo e di favorire il team mate britannico a discapito suo. Ciò che consegue questa diatriba è una stagione avarissima di risultati (un solo punto a San Marino) che porteranno alla separazione tra i due e il successivo passaggio della Mclaren dalle mani di Teddy Mayer a quelle di Ron Dennis. Leggenda narra che il buon (si fa per dire) Ron Dennis abbia deciso di non ingaggiare più piloti titolari italiani dopo aver conosciuto proprio De Cesaris. Emanuele Pirro tester nel 1989 starebbe lì a denigrare tale leggenda, ma noi la riportiamo lo stesso. De Cesaris, però, ha dalla sua parte l’età e gli appoggi importanti della Marlboro; suo padre, infatti, è un pezzo grosso della Philip Morris Italia. Arriva quindi la chiamata che potrebbe dare una svolta alla sua carriera: l’Alfa Romeo.