Hamilton cala il poker nell’anno dellla consacrazione

Ogni pilota è unico, ma se si potessero trovare alcuni piloti cui Hamilton possa in qualche modo assomigliare uno di questi è certamente Senna, da cui oltre alla velocità in prova ha ereditato anche una sensibilità particolare nella guida sul bagnato. Il fuoriclasse paulista, idolatrato da Hamilton, non è però il solo campione del passato con cui Hamilton ha qualcosa da spartire; un altro di questi è Nigel Mansell, che oltre alla velocità e alla concretezza in gara aveva anche una tendenziale aggressività che lo ha reso protagonista anche di duelli epici (l’affiancamento a Senna a Barcellona nel 1991 è stato una delle pagine più emblematiche in cui l’inglese ha mostrato le dimensioni dei suoi attributi a Magic), tutte doti che si sono riversaste anche in Hamilton, che nonostante le modifiche regolamentari e i sorpassi a base di DRS non lesina certo lo spettacolo in pista, come nel sorpasso che gli ha regalato il quarto titolo ai danni di Fernando Alonso.

Quattro corone iridate, dunque, come il suo rivale Vettel e Prost; una nota curiosa, che lega Hamilton al Professore è relativa all’ultimo iride, quello del 1993 e alla storia di quell’odiato numero zero, che la Williams, dopo l’uscita di scena di Mansell, diede a Hill proprio perché Prost lo ritenne umiliante: se si corresse con i numeri di gara ordinari, anche per Hamilton la storia avrebbe riservato il numero zero, complice il ritiro anticipato e a sorpresa di Nico Rosberg, uscito di scena non appena conquistato il titolo la stagione scorsa.  L’interrogativo di fondo è se l’uscita di scena di un compagno scomodo come il tedesco abbia facilitato l’inglese nella corsa al titolo o se, al contrario, lo abbia reso più forte. A dire il vero, la facilità con cui la Mercedes ha ottenuto il Mondiale costruttori negli anni scorsi quest’panno non si è vista, tanto che la Ferrari ha tenuto viva la corsa fino ad Austin.