Sarà al 100% il leitmotiv della prima parte della prossima stagione, dalle presentazioni ai primissimi chilometri che le future monoposto percorreranno sulla striscia d’asfalto. Stiamo parlando di Halo, il dispositivo di sicurezza voluto dalla FIA per proteggere la testa dei piloti e che rappresenta, senza ombra di dubbio, il più grande “inestetismo” della storia della F1.
di Francesco Svelto | Follow @f_svelto
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Il recente GP di Abu Dhabi che ha mandato in archivio la stagione 2017 di F1, è stato – forse per sempre – l’ultima corsa in cui abbiamo visto le monoposto cosi come le abbiamo imparate a conoscere nel corso degli anni, ovvero con la “particolarità” (col senno di poi diventerà tale) della testa del pilota che si innalza fuori da un abitacolo che, ovviamente, protegge fino alle spalle ed il collo.
In nome della sicurezza la F1 sta portando avanti battaglie senza eguali nell’ultimo ventennio e forse più, accelerate indubbiamente dalla morte di Ayrton Senna ad Imola in quel maledetto 1 maggio. Notevoli risultati sono stati portati a casa e le monoposto sono diventanti veri e propri carri armati che schizzano a 350 km/h con una percentuale di sicurezza per la componente umana che ha raggiunto valori elevatissimi. E meno male. Ma forse uno dei punti deboli ancora rimasti in questa battaglia contro il pericolo riguardava la zona della testa del pilota, una zona che per forza di cose non vi è alcuna parte rigida del telaio, dall’abitacolo fino al roll-bar. Finora.
Le tragedie recenti di Jules Bianchi (sorvoliamo un sui dettagli e le polemiche della faccenda, non temi di questo articolo), Justin Wilson e Henry Surtees hanno forse dato la spinta finale affinché gli organi federali arrivassero a cercare di colmare anche queste mancanze e il risultato degli studi è questo sistema di carbonio che pesa circa 12 chilogrammi e che sarà obbligatorio per tutti dal 2018.
Ieri a Pit Talk è intervenuto Alex Caffi, un pilota che ha corso in F1 a cavallo tra gli 80 e i 90 e che di rischi seri, purtroppo, ne sa qualcosa e, anzi, se li prendeva ad ogni km percorso nelle sue monoposto. Era una F1 di altri tempi in cui le tragedie potevano capitare – e capitavano – da un momento all’altro. Ma riguardo questo nuovo sistema, Caffi non ha dubbi:
“Halo è una sicurezza, questo è certo, ma va a snaturare la F1 vera, che è nata senza di esso e che dovrebbe proseguire in una certa direzione. I piloti possono anche scegliere altre strade, fare altre carriere, magari nei prototipi o nel TCR che oggi va di moda. La F1 non è uno sport che si è obbligati a fare! O ami quello che stai facendo accettandone i rischi oppure non puoi salire su quelle vetture da corsa!“
Caffi ha parlato quindi di snaturare i concetti basilari della F1. Snaturare. Una parola che abbiamo sentito spesso ultimamente e non solo in tema di sicurezza. Ci sono i cambiamenti tecnico/sportivi che sta portando Liberty – e che stanno già da oggi plasmando diversamente lo sport – e ci sono quelli su questo tema che, sicuramente, merita uno studio anche filosofico ancora più profondo.
E’ giusto che, anche grazie ad Halo, si cerchi di preservare la vita dei protagonisti della categoria, cosi come è normale che questi ultimi si prendano tutti i rischi del caso quando salgono in macchina. Non sono stati obbligati, come sottolinea lo stesso Caffi. Alla base di tutto, però, vi è quella fastidiosa sensazione che in qualunque direzione si i vertici vogliano remare, la F1 sta proiettandosi in avanti, troppo avanti, cercando di staccare le radici che l’hanno resa amatissima e bramata a livello globale. Nel bene o nel male, chissà. Agli appassionati il compito di guardare e giudicare.
Francesco Svelto