In occasione della recente celebrazione dei 70 anni della Ferrari ha fatto molto discutere la mancata presenza all’evento di Maranello di Luca Cordero di Montezemolo, Presidente della Casa del Cavallino per più di 10 anni. A quanto pare non era neppure stato invitato! E pensare che un mese dopo è stato insignito del premio America, ricevuto ufficialmente a Montecitorio, per aver diffuso un marchio italiano alla conquista dell’America. Montezemolo è stato il Presidente dell’era Schumacher, ricca di successi sportivi e commerciali. La sua presidenza era iniziata nel 1991, e rilevò l’incarico in un’azienda in grande difficoltà, sportiva – il titolo mondiale mancava da 12 anni – e commerciale: la produzione era di poco più di 2.500 vetture l’anno e la Cassa Integrazione per il personale era uno spettro imminente. Un’impresa riuscita tra difficoltà enormi. Eppure….
Tra le situazioni difficili incontrate da Montezemolo ve ne raccontiamo una davvero inedita.
Mentre era impegnato a ricostruire l’azienda, nel 1993 gli si presentò un nuovo problema. La rivale emergente Lamborghini, – a quell’epoca nelle mani dell’americana Chrysler – con sede a S.Agata Bolognese, poche decine di chilometri da Maranello, presentava una GT concorrente importante: la Diablo. Ed in contemporanea la stessa Lamborghini, con un motore 12 cilindri di Formula 1 creato dall’ing Mauro Forghieri – un simbolo per decenni della Ferrari – stava per equipaggiare la McLaren di Ron Dennis. La scelta era di Ayrton Senna.
Il brasiliano tre volte Campione del Mondo, totalmente deluso ed insoddisfatto del motore Ford che equipaggiava la sua vettura in quel 1993, aveva identificato il motore costruito dall’ex progettista della Ferrari come il più adatto a fornirgli l’arma del successo per il 1994. Anzi, dopo i test effettuati, era propenso a gareggiare già negli ultimi Gran Premi del 1993 con quel motore che gli aveva consentito di abbassare di quasi 2 secondi il tempo sul tracciato di Estoril. Specialmente dopo alcune modifiche da lui richieste e subito realizzate dalla Lamborghini. La potenza era stata addomesticata a favore dell’elasticità. Era entusiasta. Finalmente avrebbe potuto battersi ad armi pari con le Williams-Renault pigliatutto imbattibili nel 1992 e 1993.
Ormai c’era un patto fra Bob Lutz e Castaing, per la Chrysler – Lamborghini, e Ron Dennis, per la McLaren, confermato con una stratta di mano. La McLaren avrebbe pagato 20 milioni di dollari per la fornitura annuale. Mancava soltanto la correzione di alcuni dettagli contrattuali da mettere per iscritto. Era quasi fine settembre. I motori definitivi erano imballati ed in partenza per l’ultimo test. Forse addirittura per le ultime gare della stagione.
Ma una sera, alle 21 e 15, arrivò una telefonata a S.Agata. Era Ron Dennis. Comunicava che la McLaren si ritirava dall’accordo. Avrebbe montato i motori Peugeot per il 1994. La Casa francese oltre ai motori gratuiti avrebbe fornito alla squadra anche un contributo economico.
Il seguito è quasi un thriller.
A quel punto Senna, arrabbiatissimo, decise di mollare la McLaren a fine stagione e prese accordi con la Williams, per avere una macchina vincente nell’anno successivo.
Tutti sappiamo come andò a finire: Senna muore alla terza gara della stagione nell’incredibile incidente ad Imola al 7° giro del Gran Premio di San Marino.
La McLaren avrà una stagione 1994 tribolata: neanche una vittoria, solo 42 punti nel mondiale in cui finisce al quarto posto con quel motore Peugeot non concorrenziale e spesso afflitto da rotture.
Quali le ragioni del voltafaccia della McLaren? Un mistero. Spesso rievocato e mai chiarito.
Ma oggi, a 24 anni di distanza, emerge una verità che si profila come un vero e proprio “ Intrigo Internazionale in Formula 1”.
Da recenti testimonianze infatti si scopre un quadro imprevedibile.
Torniamo al 1993. La Ferrari non naviga bene, né sportivamente né industrialmente. Nel frattempo la Lamborghini, sostenuta dalla Chrysler, ha buoni riscontri con la Diablo ben accolta dal mercato. E con il suo motore di F.1, per giunta progettato da Forghieri, sta per abbinarsi ad una Scuderia titolata e prestigiosa come la McLaren.
Fra le due Case emiliane c’è sempre stato un latente antagonismo: Ferruccio Lamborghini aveva come obiettivo dichiarato la concorrenza alla Ferrari proprio nella sua “terra”.
Il Presidente Luca Montezemolo non può rischiare di subire una doppia concorrenza dalla Lamborghini: commerciale e sportiva.
Allora, secondo quanto rivelato oggi da un personaggio della McLaren di quell’epoca, il Presidente Montezemolo darebbe mandato al nuovo acquisto del Cavallino Jean Todt, – appena uscito dalla direzione sportiva della Peugeot che lui ha portato alla vittoria della 24 Ore di Le Mans – di adoperarsi perché la Peugeot si offra alla McLaren per equipaggiarla con il motore già costruito ma non impiegato per la contrarietà del Presidente Calvet. Che non vuole impegnarsi in F.1.
Al vertice delle attività sportive Peugeot in quel momento c’è Jean Pierre Jabouille, ex pilota di F.1 e già vice di Todt in Peugeot. I due, secondo quella testimonianza, si incontrerebbero, forse in Svizzera. La renitenza di Calvet alla Formula 1 è superata dal costo zero dell’operazione perché, a quanto pare, i 10 milioni di dollari alla McLaren sono recuperati da altra fonte.
In una settimana giunge l’accordo fra McLaren e Peugeot che spiazza l’operazione McLaren – Lamborghini. Nella telefonata a S.Agata, quella sera di fine settembre, Ron Dennis dice testualmente: “Business is business”. Alla faccia della correttezza.
Il patto con la Lamborghini è stracciato.
La Ferrari si è tolta un concorrente scomodo in tutti i sensi: sportivo, commerciale, di immagine.
La stagione 1994 della McLaren – Peugeot è modestissima.
Senna va alla Williams- Renault e muore ad Imola nell’incidente mai chiarito.
Sarebbe stata diversa la sua sorte se l’operazione Lamborghini-McLaren fosse andata a buon fine? E’ l’inquietante interrogativo che si aggiunge a questa vicenda così intricata.
Ma c’è un’ulteriore e curiosa appendice a questa storia.
Appresa la notizia del mancato matrimonio fra McLaren e Lamborghini, Flavio Briatore e Tom Walkinshaw – che gestiscono la Benetton Formula – partono in tutta fretta con un volo privato per Detroit dove incontrano Bob Lutz, alter-ego di Lee Jacocca grande manager della Chrysler.
Il loro scopo è di ottenere per il 1994 il motore Lamborghini. Anche alle loro orecchie è giunta l’eco delle prestazioni di quel motore ormai libero e disponibile.
Ma Bob Lutz è irremovibile. Dopo l’esperienza del deludente risultato della trattativa con la McLaren la sua risposta è : “No. Basta Formula 1! Non voglio più averci a che fare”.
Briatore e Walkinshaw se ne tornano in Europa a mani vuote.
La Chrysler decide di chiudere la Lamborghini Engineering e manda a casa 300 operai.
La Mc Laren dotata di motore Lamborghini è tutt’oggi esposta nel museo della Lamborghini a S.Agata Bolognese. Quasi ad evocare un’avventura mai iniziata nel segno di Ayrton Senna.