giovedì, Gennaio 23, 2025

Luigi Musso: vivere e morire su una Ferrari

Questa è la storia di Luigi Musso, pilota veloce e spavaldo, inquieto e mai domo. Innamorato della vita e delle corse. E della Ferrari.

Il 1958 fu un anno nero per la Formula 1 e la Rossa in particolare: solo il 1982 potrebbe essere considerato ancora più tragico. In quella stagione i principali contendenti al titolo furono i piloti della Ferrari e Stirling Moss.

Musso_FerrariIl campionato era iniziato in Argentina con la vittoria di Stirling Moss: audacia e combattività erano concentrati in quest’uomo di piccola statura ma grande classe. Questa vittoria rappresentò una pietra miliare perché fu ottenuta con una monoposto dotata di motore posteriore. Il naturale sconcerto che questo fatto provocò (ricordiamoci la famosa frase di Ferrari “I buoi tirano il carro, non lo spingono!”) non riuscì a sopirsi. Al Gran Premio di Monaco, infatti, Trintignant bissò il successo dell’inglese dando il via a una rivoluzione che da li a poco avrebbe portato tutte le monoposto ad avere il motore posteriore.

Dopo Monaco la stagione entrò nel vivo: il pilota della Ferrari Luigi Musso si ritrovò in testa alla classifica iridata. Musso, romano di origine, molto ambizioso e amato dalle donne, contendeva ad Eugenio Castellotti il ruolo di primattore nel mondo dei gran premi e questa posizione rafforzava in lui la convinzione di essere il predestinato vincitore per l’annata in corso.

Quando Castellotti morì durante i collaudi di una Ferrari Sport sul circuito di Modena alla vigilia delle nozze con la soubrette Delia Scala, l’attenzione e la pressione dei media si riversarono sul romano investendolo di responsabilità altissime. Episodi sfortunati non permisero a Musso di difendere la leadership e, come era costume all’interno della Ferrari, l’ingegnere lo fece mettere in discussione preferendogli ora Hawthorn ora Collins. L’italiano non volle starci, non poteva essere messo da parte – lui italiano su una macchina italiana – e preparava la rivincita sul circuito di Reims.

Il tracciato di Reims, molto spettacolare e selettivo, non era amato da tutti i piloti, ed in particolare Fangio lo odiava per la sua pericolosità. Forse fu un segno del destino ma lo stesso pilota argentino quel giorno avvertì Musso di non affrontare mai le curve di Reims in “pieno” perché il forte vento avrebbe potuto far volare fuori la macchina. Musso accettò il consiglio del pluricampione argentino ma era anche fermamente convinto di voler dimostrare di essere lui il pilota su cui puntare tutte le chance per la stagione in corso.

Le prove vennero vissute in un clima tesissimo. I due punti di distacco tra l’italiano e Hawthorn obbligavano Musso a stare davanti al compagno di squadra. L’impegno fu gravoso ma alla fine si dovette accontentare della seconda posizione in griglia. In pole andò un serafico Mike Hawthorn.

Musso_Ferrrari_All’abbassarsi della bandiera del direttore di corsa, le due rosse scattarono in testa: primo l’inglese, subito dopo l’italiano che, sornione, sembrava aspettare il momento propizio per il sorpasso. Si continuò così fino al nono giro, quando Musso rimase “intrappolato” dietro due doppiati permettendo così al compagno di avvantaggiarsi di qualche metro.

Furioso l’italiano superò i doppiati sul rettilineo d’arrivo e si buttò a rincorrere il compagno di squadra quando in prossimità della curva Gneux, non curante del forte vento laterale, Musso tentò di avvicinarsi all’inglese affrontandola in pieno.

L’italiano scomparve dagli specchietti dell’inglese leader della gara lasciando solo una scia di polvere. I testimoni raccontarono che la Ferrari affrontò la curva a velocità troppo sostenuta arrivando a mettere due ruote sull’erba, perdendo il controllo e ribaltandosi diverse volte.

Molti specularono su questo incidente, i detrattori delle corse manifestarono affinché venissero abolite. Altri invece videro nei debiti di gioco e nella situazione familiare poco serena (dove moglie e amante si contendevano il loro uomo) la causa del terribile botto. Forse più semplicemente fu l’orgoglio di essere il primo pilota della Ferrari a fargli dimenticare il consiglio di Fangio e fargli incontrare la dama in nero.

Era il 6 luglio 1958.

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