Terruzzi a PitTalk: “Hamilton deve dare una forte risposta in Canada”

Nella puntata 104 di PitTalk abbiamo avuto come nostro ospite un grane conoscitore di F1, Giorgio Terruzzi di Mediaset. Terruzzi ha recentemente curato insieme ad Ercole Colombo la mostra fotografica “Wow Gilles!”, visibile allo Spazio Oberdan di Milano fino al 16 luglio, dedicata al mito di Gilles Villeneuve. Gli abbiamo chiesto della genesi di questa mostra ed uno spunto sulla lotta attuale tra Vettel ed Hamilton.

di Marco Santini

Nellultimo periodo in Italia abbiamo visto molte mostre interessanti sulla F1. Cè voglia di vedere e leggere sulla Formula 1 passata da parte degli appassionati?

Senna e Villeneuve sono due casi a parte. Non è una semplice rievocazione del passato, sono due personaggi che per un verso o per un altro, in tempi diversi hanno mosso lanima, la fantasia e la passione. Giustificano quindi un ricordo o una celebrazione attraverso la mostra, sono pochi secondo me quelli che possono tenere in piedi una mostra monografica: forse solo loro due e Schumacher, ma le sue condizioni non permettono di fare niente del genere. Villeneuve che è stato un bimbo, un discolo a piede libero con una morte così preannunciata e clamorosa; Senna che era un capo, è stato una figura che ha toccato lanima di un sacco di gente. E sono morti entrambi, sono morti in pista, sono eroi anche per questo.

Come nasce la genesi della mostra su Villeneuve in cui lei ha curato i testi sulle foto di Ercole Colombo?

Nasce un po dal grande successo della mostra di Senna e un po dalle sollecitazioni che entrambi, Ercole ed io che lavoravo come suo assistente ai tempi di Gilles quando ero un ragazzo, abbiamo ricevuto da molte persone. La mostra, a differenza da quella di Senna che è nata dal mio libro Lultima notte e che aveva un percorso più intimista, è in questo caso cronologica. Abbiamo sentito la necessità di raccontare nei dettagli una carriera molto breve ma particolare ed intensa come quella di Villeneuve, della quale si ricordano moltissimo alcuni episodi ma molte persone non hanno più o non hanno affatto la percezione della sua storia. Quindi la mostra di Villeneuve è un racconto di una storia di una persona, di un pilota, di un campione, con dentro molti aneddoti e bizzarrie, cose tenere e clamorose, una sequenza di avvisi drammatici e spacciati come spettacolari, ovvero tutto quello che ha determinato ciò che veniva chiamata Febbre Villeneuve che però erano anche avvisi di un pericolo incombente, che poi è accaduto.

Nellepoca della Febbre Villeneuve aveva Gilles nella percezione comune una sorta di aura di immortalità?

Purtroppo stiamo parlando di uno sport in cui il rischio è altissimo, soprattutto in anni come quelli dove il pericolo ed i rischi erano oggettivamente più presenti. Tutti questi personaggi, piloti ed attori dello sport estremo che sguazzano dentro lestremo, sono visti un po come guerrieri, come persone capaci di cavalcare una situazione ad alto rischio. Il problema è che Villeneuve aveva una tendenza fuori ordinanza su quella direzione li: stiamo parlando di un ragazzo che non era interessato a nessuna tattica, era innamorato della velocità in valore assoluto, e questo atteggiamento lo ha portato molte volte a fare cose mai viste, inaudite e spropositate. Ricordo che io avevo la paura che qualcosa accadesse, io non lo vedevo come immortale ma come una persona a rischio. Ma per qualcuno forse si, sicuramente aveva unimmagine più solida ed invulnerabile.

 
Per venire all
attualità, hanno stupito i bassi ascolti tv del GP di Monaco, nonostante le rosse in prima fila. Questo vuol dire che anche con una Ferrari davanti, la F1 sta perdendo interesse?

Beh è un tema piuttosto complesso: cè un calo già in atto da tempo, e molto è dovuto secondo me ad una dominanza eccessiva della tecnologia. In più, parlando di sport estremi, la Formula 1 ha ormai una concorrenza molto agguerrita perché qualunque ragazzo può prendersi una piccola telecamera ed autoprodurre un filmato di un azzardo o di unazione sportiva estrema. La terza cosa, per me la più rilevante, è che mancano le storie. Questi ragazzi sono un disastro da un punto di vista della comunicazione, della pancia e del cuore. Sono tutti più o meno stitici, votati alla spettacolarizzazione, convinti che un tweet o una fotografia basti. Ed invece non è così perché non ci sono storie da raccontare, non cè più unumanità connessa a quel mestiere lì, che è quella che ha sempre fatto la differenza. Noi abbiamo sempre avuto a che fare con delle storie, non con delle macchine. La storia della F1 è basata sulle storie dei piloti, non sulla storia delle macchine: ad esempio, nessuno ricorda la sigla della macchina di Villeneuve con la quale vinse a Montecarlo con la prima Ferrari turbo. Ci si ricordano quelle parole e quei momenti in cui il campione si svela, ed a riguardo questi ragazzi sono un disastro.

 

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