Nel corso della stagione Chapman schiererà la sua nuova arma totale, la 72, il modello più longevo della storia della Formula 1; Rindt, però, userà per le prime gare ancora la 49 portandola ancora alla vittoria, nel tracciato caro a Graham Hill, ossia Montecarlo. Qui Rindt, che approfittò dei ritiri degli avversari, forzò il ritmo fino a costringere Jack Brabham all’errore e la sua vittoria fu salutata da Colin Chapman a bordo pista. I salti del genio inglese sono solo iniziati, perché quando il suo pupillo si servirà della 72 diventerà implacabile: di vittorie ne arriveranno altre 4, tutte di fila, che consentiranno a Rindt di accumulare un vantaggio irrecuperabile per gli avversari. Il ritiro in Austria aprì la strada alle due Ferrari di Ickx e Regazzoni, che firmarono la doppietta e rinviando l’appuntamento di Rindt con il titolo a Monza.
Jochen sa che quella è un’occasione d’oro da sfruttare: battere le due Ferrari in casa loro, con una vettura inglese, magari per ottenere quel contratto che il Drake sperava di fargli firmare. Ma Jochen ha paura, tanta. A giugno in 19 giorni sono scomparsi due grandi amici, Piers Courage e Bruce McLaren, due capostipiti di due grandi scuderie, la Williams e la McLaren. E Rindt già temeva di non arrivare a 40 anni, consapevole del rischio che correva. Ma non poteva farci nulla, correre era più forte di lui. E doveva essere il più veloce di tutti. Anche in qualifica. Ma proprio qui, su uno dei circuiti più veloci del Circus, Rindt perde il controllo della vettura in Parabolica. La sua 72 si disintegra, forse a causa della rottura del piantone dello sterzo. Per l’austriaco naturalizzato tedesco non c’è nulla da fare, la corsa in ospedale è inutile; muore sul colpo.
La gara viene vinta da Clay Regazzoni, che conquista il suo primo successo in carriera. Un successo seguito da una brillante doppietta in Canada, ma Rindt è ancora troppo lontano. 17 punti separano il belga dalla vetta della classifica e la rincorsa del belga si interrompe al Glen, la pista che l’anno prima aveva regalato a Rindt la prima vittoria e che, grazie al successo di Fittipaldi a Watkins Glen, lo consegna definitivamente alla leggenda dopo che è stato dichiarato Campione del mondo. E anche Jack Ickx, in un messaggio alla vedova di “Dynamite”, riconoscerà sportivamente che quel titolo mondiale non avrebbe dovuto conquistarlo nessun altro se non Jochen Rindt. Ed è anche l’ultima gara che si correrà sul vecchio tracciato del Glen (riceverà anche il premio dalla GPDA come gara meglio organizzata della stagione), che dall’anno dopo verrà sensibilmente modificato e allungato per cercare di renderlo meno veloce e più sicuro.
Un titolo mondiale che apre la leggenda della Lotus ma che prima di tutto consacra il pilota che ha sacrificato la propria vita per raggiungere il traguardo più importante della sua carriera: essere indiscutibilmente il più veloce di tutti. Che in fondo non era altro che quello che amava fare.