F1 | Alonso alla 500 miglia: Quando il marketing veicola i sogni

La settimana tra il week end della Cina e quello del Bahrain non è mai stata così calda. Se da una parte Ferrari e Mercedes hanno monopolizzato l’informazione motoristica dell’ultimo mese, dall’altra è stato l’asturiano a sparare la bomba: correrà alla 500 miglia di Indianapolis con Honda, saltando il GP di Monaco. E se, alle sirene di Le Mans (e di Porsche), avessero risposto quelle della 500 miglia? Scopriamolo insieme…

di Giuseppe Gomes

Quella del Marketing è una branca dell’economica che, da quando è nata la vera società dei consumi, ha via via ampliato i propri significati e campi d’azione. Inizialmente serviva ad analizzare i rapporti tra prodotto-consumatore, oggi, per marketing, si intende anche tutto ciò che riguarda la comunicazione di un marchio qualsiasi con il consumatore finale. Vi starete chiedendo cosa possa c’entrare tutto ciò con un caso particolare come quello di Alonso alla 500 miglia di Indianapolis. Prendiamo una serie di elementi: un pilota che da tre anni non nasconde la propria frustrazione, la nuova proprietà “diretta” da Zak Brown ed un motorista che in 3 anni ha spazzato via la sua storia vincente di inizi anni ‘90.

Il pilota: Fernando Alonso. È vero, spesso l’asturiano non ha fatto le scelte migliori per la sua carriera. C’è da dire però che, negli anni in Ferrari, è stato l’unico a poter sfidare la coppia formata da Vettel – Newey.     Per le statistiche resta il fatto che, nei suoi 5 anni in Ferrari, il buon Nando non ha portato a casa il risultato che lo aveva portato a Maranello: il mondiale. Nulla avrebbe fatto presagire un tracollo tale in pochi anni, a causa della scommessa McLaren Honda che, al momento, non ha pagato. Da qui ci sta che il pilota spagnolo abbia cominciato a guardarsi attorno, e non solo per la griglia della massima Formula. Dal tentativo di approdare in Mercedes, questo inverno, alle lusinghe, mai nascoste, per il programma endurance di Porsche dove, fino alla fine della scorsa stagione, militava il suo amico Mark Webber. Con l’inizio della stagione 2017, forse la più disastrosa dal ritorno di Honda in Formula 1, l’asturiano, ormai stufo delle promesse non mantenuti a Woking, potrebbe aver alzato la voce, “minacciando” una sua sortita con Porsche per la 24 Ore di Le Mans. Non sarebbe stato un fulmine a ciel sereno dato che, proprio nel 2015, doveva essere suo il sedile della 919 Hybrid condotta alla vittoria, tra gli altri, da Nico Hulkenberg. Pensate al possibile danno di immagine per Honda e per McLaren, avere il proprio pilota, l’idolo delle folle, in tuta bianca ed in Francia, portando avanti i colori di un altro team ufficiale. Inaccettabile, ed è proprio qui che entra in gioco la nuova proprietà americana.

Zak Brown prima di essere il n°1 della McLaren, era noto per essere una sorta di “guru delle sponsorizzazioni nel motorsport”, che con la sua agenzia (la JMI Just marketing International) è stata in grado di portare nel Circus numerosi sponsor. Forte del suo retaggio, professionale e culturale, immaginatevi la sua faccia quando, il suo pilota di punta, ha bussato alla sua porta per esprimere il suo desiderio di correre a Le Mans, per Porsche. Prima cosa alla quale avrà pensato sarà stato l’ulteriore danno di immagine che avrebbe subito il Marchio McLaren, con il suo pilota ufficiale al volante di un’altra vettura, nello specifico quello di un tuo competitor (pensiamo alle auto sportive), magari rischiando di tornare alla vittoria proprio con loro. Semplicemente inaccettabile. In questi giorni è stato detto che, inizialmente, l’andare a correre a Indianapolis fosse nato come uno scherzo, e se non fosse così? Se invece fosse stato un ottimo escamotage costruito ad hoc proprio da Zak Brown proponendo al suo pilota di correre una delle gare che, insieme a Monaco e Le Mans, completano il grande slam dell’automobilismo? Qualora fosse andata veramente così, Zak Brown meriterebbe l’Oscar come miglior regista. Per non parlare dell’ottimo ritorno di immagine che si può avere grazie al “ritorno” in America del Marchio McLaren (aveva partecipato vincendo dal 1970 al 1977, vincendo nel 1974 con la M16C), riuscendo a unire “l’utile al dilettevole”. Non è un caso se lo stesso Alonso abbia dichiarato che, con la precedente proprietà, non sarebbe mai stata possibile una cosa del genere. Tutto perfetto, soprattutto grazie, incredibilmente, al motore Honda.

Ve ne avevamo parlato qualche giorno fa proprio su queste pagine di come, questo ritorno di Honda in Formula 1 con McLaren, sia riuscito a spazzare via gli anni dei domini di Senna e Prost. A Tokyo sembra che siano sprofondati in un buco nero, incapaci di reagire agli evidenti limiti di progettazione del motore RA617H. Probabilmente, quello che si sta pagando, è il ritardo nell’ingresso nella “Formula Ibrida”, nata nel non lontanissimo 2014, ma che ha creato un ritardo tale da costringere la Honda a dover rischiare per recuperare il gap. Se per l’ibrido, Honda appare in ritardo, sicuramente così non è per quanto riguarda gli aspirati. Facciamo un salto dall’altra parte dell’oceano, sponda IndyCar. Qui la Honda vive una realtà decisamente diversa: 8 i titoli vinti e ben 11 le vittoria alla storica 500 miglia (l’ultimo la scorsa stagione proprio con il team Andretti, con il quale correrà Alonso), se a questo ci aggiungiamo che le prime 2 gare della stagione 2017 hanno visto i motori Honda vincere, allora questa “scappatella” in America può sembrare ancora più appagante. Indianapolis poi è un evento quasi avulso dall’intero campionato IndyCar, una gara in grado di coinvolgere più di 400.000 spettatori e nella quale tutto può succedere. Lo scorso anno fu un proprio un rookie, Alexander Rossi (futuro compagno di squadra di Alonso per questa avventura americana), dopo un’ottima strategia a portare a casa l’ambito premio, per lo più nell’edizione numero 100° della classica americana.

Ne varrà la pena saltare forse l’unica gara del mondiale di Formula 1 dove veramente il pilota può dare quel qualcosa in più? Certamente Alonso sarà un grave assenza nella griglia del GP di Monaco, la domanda è: quanto mancherà ad Alonso la sua MCL32? Non resta che aspettare il prossimo 28 maggio, con la 101° edizione della 500 miglia di Indianapolis, per capire se, questa astuta mossa di marketing, possa portare il buon Alonso a poter festeggiare con un bel bicchiere di latte fresco, al posto dello champagne della Formula 1. Se poi ci è riuscito un ex-Manor, perché non un 2 volte campione del mondo?