F1 | Ferrari, una storia di uomini e di macchine: il ritorno di Montezemolo

La Fiat, stanca di una Ferrari perdente, decise di mandare a Maranello, l’unico che poteva avere raccolto l’eredità del vecchio: Luca Cordero di Montezemolo, il direttore sportivo dei titoli di Lauda. Montezemolo fu più un uomo di prodotto la squadra corse venne affidata prima all’ingegner Lombardi, abile motorista e progettista della S4, che con Claude Migeot progettarono l’F92a, dall’aereodinamica innovativa e che fu affidata alla coppia di piloti formata da Alesi e Capelli. L’F92a fu una macchina innovativa ma dall’aereodinamica instabile e purtroppo i risultati furono realmente scarsi. L’ing Lombardi riteneva dover sviluppare il concetto migliorandolo intorno al propulsore; il presidente, Montezemolo, si oppose con forza e fece tornare a Maranello Barnard, sempre lui, che mise come condizione di aprire una sede in Inghilterra.

Nel 1992 la produzione Ferrari cominciò a scricchiolare sotto i colpi della concorrenza e dell’inasprirsi di politiche fiscali particolarmente punitive per i possessori della macchina italiana , il prodotto italiano non era all’altezza del marchio e obbligò la fabbrica a mettere in cassa integrazione gli operai della linea di produzione. Montezemolo intuì l’esigenza di produrre Ferrari e non macchine, e si cominciò a pensare a modelli come la 456 gt, definita nel 1993 l’auto più bella del mondo. La squadra corse nel 1993 scoprì di essere ancora ad attendere le idee geniali di Barnard, infatti la branca italiana della Ferrari modificò la sciagurata l f92a creando la f93a dotata di sospensioni attive. Se il buio e il momento più vicino all’alba, per la Ferrari il 93 è stato profondamente buio ma anche il momento della risalita. Lombardi si convinse di modificare il motore dotandolo di 4 valvole per cilindro invece di cinque, Montezemolo capì che a capo della gestione sportiva serviva qualcuno che di corse ne sapeva, e a luglio arrivò Todt. Questo francese, odiato per lo più da tutti, per il carattere cinico risoluto che non esitò a presentarsi in Mercedes il primo giorno di lavoro alla Ferrari, capì che la scuderia emiliana doveva essere rifondata e cominciò a mettere le basi della rinascita Ferrari.

La rinascita iniziò a Monza, Alesi in gara riuscì a conquistare un incoraggiante secondo posto, in Portogallo il francesino guidò la gara per 19 giri dimostrandosi più forte anche di Senna. La Ferrari aveva svoltato e sebbene se il 1993 fosse l’ennesimo anno senza vittorie dal 1990 a Maranello si capì che il 1994, anche grazie a un campo di regolamenti che introduceva i rifornimenti e metteva al bando le sospensioni attive, si sarebbe tornati alla vittoria. Per la stagione 1994 Barnard, finalmente, portò al compimento la sua creatura, la 412t bellissima ma dopo qualche  “assaggio in pista” errata in almeno in 30 punti. Però, seppur sbagliata, la macchina era comunque affidabile e riuscì a conquistare diversi podi. In prossimità del GP di San marino, Alesi, si infortunò seriamente durante una sessione di test al Mugello, questo fatto non pose nessun allarme e si arrivò a Imola dove la signora in nero mise in atto un GP dove solo lei fu la protagonista. Venerdì bussò alle porte del GP e Barrichello uscì di pista alla variante basse rischiando seriamente la vita. Sabato, arrivata sul circuito, colpì Ratzenberger, debuttante in pista a Imola che lasciò la Formula 1 e la vita alla curva Villeneuve. La Formula 1 s’interroga ma non si ferma, l’incidente all’austriaco per quanto fatale nella sua dinamica, venne generato dall’inesperienza del pilota che toccando un cordolo non pensò agli eventuali danni alle appendici alari e continuò a spingere. Forse indispettita dalla mancata attribuzione del merito la Signora in Nero, il giorno dopo decise di fermarsi alla curva del tamburello e puntare Lui, il migliore di tutti, Ayrton Senna, chissà forse il brasiliano la vide e la volle evitare andando a sbattere in modo inevitabilmente fatale. La Formula 1 scioccata rimase senza il suo re, e, un po’ per le doti messe in evidenza fino a quel momento, e un po’ per mancanza di pretendenti al suo posto salì Schumacher che quell’anno riuscì a vincere tutti gli appuntamenti importanti, tranne uno, il GP di Germania, corsa che vide il ritorno prepotente al successo di Berger con la Ferrari, dopo un digiuno di 4 anni. La stagione 1994 cominciò a far intravedere dei lampi di rosso che lasciavano presagire un veloce ritorno al vertice: Pole a Monza in Portogallo e in Germania, vittoria sfiorata sul circuito brianzolo e su quello australiano ma soprattutto il terzo posto finale di Berger nella classifica generale faceva presagire che la Formula 1 aveva ritrovato la sua protagonista di sempre .La macchina del 1995 si presentava molto solida e convenzionale, forte del 12 cilindri e di un’aereodinamica dalla facile messa a punto, già alla presentazione fece intravedere qualche timida speranza di ben figurare.

La stagione 1995, venne abortita quasi subito, il presidente Montezemolo cominciò a pretendere un motore a dieci cilindri, dimenticando che la Ferrari era la ragione indiscussa del 12, e lo stesso Barnard decise di puntare tutto sul 1996 che avrebbe portato una macchina nuova, con nuove regole e un motore più adatto alla formula uno moderna. Il risultato di questa decisione fu una vittoria di Alesi in Canada, fortunosa per una panne al cambio della macchina di Schumacher in testa fino a quel momento, qualche piazzamento sul podio ma soprattutto la canicola agostiana aveva regalato ai ferraristi il nome del nuovo pilota: Schumacher. Fortemente voluto da Todt, che pensò di sacrificare Alesi, reo di essere poco costante ma soprattutto di non essere mai cresciuto come pilota. Il mondiale si andava archiviando senza sussulti particolari ma i tifosi, invece della solita insoddisfazione, vivevano un ansia particolare, a novembre sulla pista di Fiorano, con una 412 t2 inizio ufficialmente l’epopea di Schumacher alla corte di Maranello.