Era dal 2010 che la Ferrari non vinceva all’esordio di un mondiale. Il frutto della rinascita è merito soprattutto di un gruppo made in Italy a dispetto di un recente passato che vedeva Allison imporre la sua filosofia e i suoi metodi.
di Alberto Murador
Una Ferrari vincente già al primo GP sarebbero stati in pochi ad aspettarselo, eppure la rossa di Maranello ha regalato una splendida sorpresa ai suoi tanti tifosi. Qualcosa era nell’aria da un bel po’ di settimane, a cominciare già dalla prima sessione di test invernali sul circuito del Montmelò.
Silenzio, bocche cucite da parte di tutto il team nel corso dell’inverno, solo qualche (ed immancabile) commento a vanvera di alcune testate giornalistiche che davano già spacciata la rossa, ancor prima della presentazione della SF70-H. In casa Ferrari non hanno risposto minimamente a tali illazioni riportate dai media, ma bensì hanno dato la miglior risposta in pista a Melbourne.
Sabato prima fila con Sebastian Vettel a soli 0″2 dalla Mercedes di Lewis Hamilton, e domenica una vittoria con Vettel, lasciando increduli i campioni del mondo in carica della casa di Stoccarda. Hamilton voleva la lotta con la Ferrari in questo 2017, chissà se dopo questa prima gara la pensa ancora allo stesso modo. Bisogna dire che le frecce d’argento restano ancora le favorite per il titolo.
Ma torniamo alla Ferrari, a questa ritrovata competitività (scioccando tutti ndr) in un GP che mancava da tantissime gare. Addirittura l’ultima vittoria del Cavallino Rampante risaliva a Singapore 2015 (sempre con Vettel ndr), ben 553 giorni dall’ultima vittoria di domenica scorsa. Troppo tempo in effetti.
Forse quella “rabbia” nel team italiano è esplosa già in occasione dell’ultimo GP del 2016 ad Abu Dhabi, alla fine di una stagione a dir poco deludente per la rossa. Quando nel giorno della conquista del titolo di Rosberg con la Mercedes, Vettel con una strategia rischiosa ha sfiorato la vittoria con una gara tutta d’attacco nel finale, superando con arroganza e cattiveria il compagno Raikkonen e le due Red Bull di Ricciardo e Verstappen.
Quel podio valeva quasi come una vittoria, come un arrivederci ai rivali di Mercedes e Red Bull; di prepararsi che la Ferrari sarebbe tornata più agguerrita che mai. Probabilmente la svolta nella scuderia di Maranello era già avvenuta ad inizio estate, quando James Allison lasciò la direzione tecnica del team. Al posto dell’inglese ha preso il suo posto Mattia Binotto, con quest’ultimo che è riuscito nel giro di pochi mesi a risollevare le sorti della squadra.
L’inglese ex Lotus aveva imposto la sua metodologia di lavoro all’interno della squadra, da solo al vertice a prendere esclusivamente le decisioni sullo sviluppo delle monoposto. Allison stando ad indiscrezioni provenienti da Maranello, storceva il naso se qualcuno osava proporre un qualche minimo spunto tecnico che andasse contro la sua filosofia. Con il britannico alla guida della direzione tecnica in casa Ferrari, dopo un 2015 positivo grazie anche alle 3 vittorie di Seb il 2016 è stato un anno da cancellare. Inutile negare che le colpe sono state attribuite anche al dt Allison, sino ad un divorzio inevitabile con la Ferrari nella scorsa estate, lasciando così il posto a Mattia Binotto.
Il tecnico italiano in pochi mesi ha portato un’enorme positività all’interno del team, creando un gruppo di persone affiatate tra loro, pronti a condividere anche la minima idea o soluzione per tornare al più presto competitivi. Come affermato da Pino Allievi sulla Gazzetta dello Sport di lunedì, tutto ciò dimostra che in casa Ferrari si può vincere anche senza il genio di Adrian Newey.
Ora dopo Melbourne è già tempo di pensare al prossimo appuntamento in Cina tra meno di 2 settimane. Perchè la Mercedes è stata umiliata e “ferita” nell’orgoglio, sicuramente vorrà vendicarsi sul circuito di Shanghai. Il team di Maranello capitanato da Maurizio Arrivabene e Mattia Binotto sa che non può permettersi di abbassare la guardia.
Perché la vittoria ottenuta a Melbourne dev’essere solo l’inizio del tassello per la rincorsa al titolo mondiale che manca alla rossa da ben 10 anni. L’importante è continuare a stare con i piedi per terra e proseguire con lo sviluppo della monoposto nel corso della stagione.
Alberto Murador