Ferrari, una storia di uomini e di macchine: arriva Lauda, anzi no va via..

La gara visse sul recupero di Lauda, che partito male, riuscì a sconfiggere se stesso e i suoi fantasmi, cominciò a risalire in classifica fino ad arrivare quarto. Il pubblico e la Ferrari esultarono Niki Lauda era tornato ed era sempre forte. Forghieri, che col pilota viveva a contatto, si rese conto che l’atto di Lauda fu stupidamente eroico infatti aveva capito che non era ancora del tutto pronto e bastava un niente per farlo sprofondare nel tunnel della paura e dello sconforto da dove era risorto dopo l’incidente in Germania. Infatti fu così, il giorno del GP del Giappone, sotto un acquazzone bibblico, Lauda si ritirò al primo giro sconcertato dalle condizioni atmosferiche e consegnando il titolo a James Hunt, alfiere della McLaren.
Le polemiche si sprecarono e da quel momento il rapporto tra Lauda e la Ferrari cominciò ad incrinarsi fino ad arrivare a rompersi quando si sentì proporre dal Vecchio se avesse pensato una carriera da direttore sportivo. Lauda cominciò la risalita dal suo maelstrom personale e sebbene fosse chiaro a tutti che la squadra appoggiasse Carlos Reutemann, sostituto di Regazzoni, l’austriaco ricostruì se stesso e in Sud Africa, nel giorno del sacrificio di Tom Pryce, tornò alla vittoria. Da quella vittoria seguirono arrivi sempre a podio fino a Hockenheim, in Germania, dove dopo un sorpasso capolavoro a Scheckter s’involò a prendersi una vittoria che attendeva dall’anno precedente. La Ferrari 312 t2 non è più la macchina migliore del lotto, la Lotus e la Wolf ne stanno insidiando il primato, è l’austriaco, però, con la sua guida reddittizia che riesce a spremere il massimo la macchina riuscendo a cogliere tutte le defaillance degl’avversari e insediarsi in testa alla classifica fino a laurearsi matematicamente campione del mondo.
Il binomio Lauda Ferrari pareva indissolubile, il Vecchio si aspettava una richiesta d’aumento d’ingaggio e, sebbene non amassenparticolarmente il modo di correre dell’austriaco troppo flemmatico e ragionatore, quando decisero d’incontrarsi era già pronto ad anticipare le eventuali richieste del suo pilota.

Ma l’icontro durò poco: alle insistenze di Ferrari, anche supportate da un congruo assegno, Lauda risponde negativamente adducendo poca voglia di continuare con la squadra e di voler mettersi alla prova con un altra scuderia: il divorzio più doloroso del 1977 è in atto va via l’uomo che aveva rifatto grande la Ferrari.
Sull’episodio si sono sprecate mille teorie, probabilmente l’austriaco sfiduciato dalla squadra all’inizio stagione volle vendicarsi dimostrando che l’unico elemento di distinzione tra il Lauda pre incidente e post incidente era il volto sfigurato e col titolo in tasca, convinto di essere lui l’elemento in più della Ferrari, abbandonò il regno dei motori andandosene sbattendo la porta e approdò alla Brabham.