Ennesimo Gran Premio annegato nelle polemiche. La corsa in Brasile ha visto l’ingresso di troppe Safety Car e lo sventolare di ben due bandiere rosse. Uno spettacolo singhiozzante che ha scatenato le ire del pubblico oltre che il disgusto degli appassionati dinanzi allo schermo. Show divenuto molto godibile solamente quando i piloti sono stati lasciati liberi di correre.
Di Alessandro Bucci
Mah. E pensare che, un tempo, si correva anche con diluvi infernali e quando i piloti uscivano di scena, le macchine incidentate venivano lasciate dov’erano, quasi fossero un monito per i concorrenti ancora in gara. Già sento il vociare di polemiche del tipo: “Eh ma quella era un’altra F1”. Già, e infatti era molto più bella, avvincente ed emozionante. Sentire i piloti lamentarsi per il rischio che corrono, continua a sembrarmi uno dei più grandi controsensi sportivi ogni epoca. Motorsport is dangerous. Se non si condivide questo punto, perché non darsi al volano o al ping pong?
Provocazioni a parte, veniamo al dunque: in condizioni di bagnato, o si corre, o non si corre. Questi singhiozzi dovuti a infiniti giri dietro alla vettura di sicurezza (molti, almeno apparentemente, insensati) o all’ingresso di essa per ogni incidente, non fanno che esasperare gli appassionati, senza contare i “buuu” arrivati dagli spalti gremiti di brasiliani festanti e smaniosi di assistere ad uno spettacolo degno di tale nome, prima di commuoversi dinanzi al ritiro di Felipe Massa al suo ultimo atto in Brasile, forse pilota non proprio campionissimo, ma sempre grande uomo.
Charlie Whiting, a parere di chi scrive, ha dimostrato ancora una volta di non avere il polso adatto per gestire la direzione gara di una F1 complessa come quella odierna e ribadisco che farebbe bene a dimettersi, anche in virtù del GP del Messico e dell’autoreferenziale conferenza tenuta giovedì ad Interlagos, nata sotto i migliori auspici e rivelatasi una toppa quasi peggiore dei nefasti accadimenti in terra messicana.
A discolpa di Charlie possiamo mettere sul tavolo che le attuali monoposto della massima serie sono difficilmente guidabili sul bagnato (vallo a dire a Verstappen comunque, che ha tenuto degli esterni paurosi per oltre quaranta giri effettuando anche una correzione da fantascienza) e che senza poter settare la vettura in warm-up e con le moderne gomme Pirelli fabbricate apposta per lo show, effettivamente, le condizioni di sicurezza per i piloti possono essere molto critiche.
Tuttavia è bastato “dare la molla” ai piloti dopo l’ultima ripartenza dietro a Safety Car per assistere ad una gara stupenda, ricca di duelli e colpi di scena, che avrà sicuramente incendiato il cuore dei tifosi più appassionati. Penso che la F1 del futuro debba guardare in faccia la realtà e modificare il regolamento in modo da consentire ai piloti di poter governare meglio le monoposto e poter così disputare gare in condizioni di bagnato. Come avvenne a Donington nel 1993 o a Barcellona nel 1996, solo per citare due esempi lampanti recenti di corse disputate in condizioni improponibili ma comunque portate a termine senza drammi, nonostante diversi comprensibili ritiri. Se vogliamo vedere i talenti emergere ed emozionarci, le condizioni di rischio sono necessarie molto spesso. Fa parte del DNA di questo sport e continuare a non voler guardare in faccia la realtà, porta solamente a questi continui stress ed a questo fiume di polemiche che si traducono in forte calo di pubblico, sbadigli e lamentale.
Caro Charlie, così non va. I tifosi sugli spalti e dinanzi agli schermi ti chiedono una F1 più simile alla MotoGP, ma tu sembri avere non solo le fette di salame sugli occhi, ma anche ben infilate nelle orecchie. E non si venga a tirar fuori il dramma di Jules Bianchi come pretesto per questi assurdi regolamenti, perché pretendere di controllare il corso degli eventi nella loro totalità, è pura fantasia.