F1 | Gp Brasile 2006: l’ultima battaglia in rosso di Schumacher

schumacher2Una inutile meravigliosa cavalcata. Il 22 ottobre finisce un count down che tutti avrebbero voluto non finisse mai. Schumacher saluta, per la prima volta, il mondo della Formula 1 e si appresta ad una vita da “pensionato”. La gara diventa, quindi, un tributo a lui con pure Pelè (O’Rey mica uno a caso) che sventolerà l’ultima bandiera a scacchi. Insomma: piovono tributi da ogni angolo

. La gara, però, può essere cruda e crudele disfatta di un sette volte campione del mondo. Al via Rosberg, all’epoca sbarbatello, combina guai: centra alla “Descida do Lago” il compagno Webber e poi, non pago, distrugge la sua Williams alla “Arquibancada”. Safety Car e tutti a passo lento, con Schumacher che si è già bevuto quattro posizioni ed è sesto proprio dietro le Renault. La SC rientra e Schumacher pochi giri dopo attacca Fisichella alla “S do Senna”. Il sorpasso riesce ma, sfortunatamente, la ruota posteriore destra della Ferrari 248F1 urta l’alettone della Renault R26 tagliandosi. Con la ruota squarciata, e con un giro completo da compiere prima di rientrare ai box, Schumacher è tagliato fuori dalla gara. Rientra dopo il pit stop ancora a pieni giri, ma giusto davanti al compagno Massa che comanda la gara. Un minuto e passa sul leader. Un margine, sulla carta, incolmabile.

Massa riceve il nulla osta dal muretto sulle strategie di gara in ottica mondiale. Ovvero: nulla lo può separare dalla sua prima vittoria in carriera sulla pista di casa. Schumacher, invece, ordini non ne riceve. Dentro quel casco rosso, elmo di tante battaglie, un pensiero è sicuramente nato: è finita. Niente più matematica stretta, ma solo geometrie della mente che spengono ogni speranza. Spengono le speranze di alloro, ma non i sogni di gloria eterna. Sogni già raggiunti che, però, meritano una glorificazione. Schumacher non ha più strategie, non ha più freni e non ha più nulla. Può correre libero. Magari come quando correva da ragazzino sui kart. Libero da tutto, mettendo sul piatto del destino i proprio attributi e lasciando che sia lui a decidere. Può essere anche quella una strategia. Chiedere il conto al destino che tanto ha tolto 14 giorni prima a Suzuka, in cambio di libertà.

schumacher3Bowling a Interlagos. Il destino, se così possiamo credere, accetta. La rimonta che compie Schumacher è un qualcosa che ancora oggi suona come antologia della corse. Cadono tutti come birilli, sopravanzati con staccate da urlo quando il DRS nemmeno era stato pensato. C’è chi si toglie come forma di rispetto (Doornbos, Yamamoto o Albers) c’è chi invece rende omaggio al Re dandogli battaglia come Kubica. C’è chi cerca di dargli battaglia per togliersi qualche sassolino come Barrichello, c’è chi invece viene passato ai box.

Però tutti, ma proprio tutti, cedono strada. Passati, asfaltati, sverniciati dalla libertà artistica del migliore di tutti i tempi, in un momento di estro creativo. Non è più una gara, è un cantico sul talento. Schumacher non si ferma più. Arriva dietro a Raikkonen, colui che erediterà il suo scottante volante. Iceman per un po’ resiste, come a voler mandare segnali a Maranello. Ma l’attacco alla S do Senna con la quale Schumacher lo passa è, ancora oggi, uno dei sorpassi più belli della F1. Una fucilata in uno spazio contatissimo, un proiettile di coraggio e misura del rischio senza eguali. Raikkonen, anche lui, s’inchina; il Re ha ribadito la sua autorità. Solo la bandiera a scacchi ferma la rimonta di Schumacher. Sarebbero bastati dieci giri in più e la vittoria inutile ma pur sempre eroica sarebbe arrivata. Schumacher chiude la gara quarto a soli 5 secondi dal podio. Un’inerzia.

Con questa gara, Schumacher scrive altri passi di storia. Con quella rimonta ha ribadito più volte a tutti che il più forte è e sarà sempre lui anche da ritirato, anche con un mondiale in meno. Quello che tornerà nel 2010 sarà troppo lontano dal vero, inimitabile, Kaiser in rosso. Da un uomo in grado di compiere una gara così dopo un popò di carriera del genere, ci si può aspettare di tutto ancora oggi. Anche quando in ballo non c’è un mondiale di F1 ma una vita normale. #KeepFightingMicheal