F1 | Giovanni Lavaggi: “La F1 dovrebbe rispolverare l’estro umano”

In occasione dell’evento “Imola Classic”, andato in scena il week-end del 21-23 ottobre sul tracciato del Santerno, abbiamo colto l’occasione per intervistare Giovanni Lavaggi, ex pilota Pacific e Minardi nel 1995 e 1996.

Di Alessandro Bucci

Vincitore a Magny-Cours ed alla 1000 Km di Monza nel Campionato del Mondo sportprototipi del 2001, Giovanni Lavaggi, classe 1958, è originario di Augusta e vanta un bel primato: il siciliano ha vinto la 24 Ore di Daytona nel 1995 a bordo della Kremer K8 Spyder-Porsche, divenendo il primo pilota italiano dopo Lorenzo Bandini (con Ferrari nel ’67) a riuscire in tale impresa. Campione interserie 1993, Giovanni Lavaggi è approdato nel Circus F1 due anni dopo, al volante della scarsamente competitiva PR02 del team Pacific al GP di Germania. Sfortunatamente il siciliano andò incontro a quattro ritiri e riprovò l’esperienza in massima serie nel 1996, correndo per il team di Minardi sei gare e cogliendo un valido decimo posto in Ungheria.

Nel 2006 Giovanni Lavaggi ha progettato e realizzato in proprio un prototipo per la classe LMP1, denominato Lavaggi LS01, col quale ha partecipato alla Le Mans Endurance Series in coppia con Xavier Pompidou e Wolfgang Kaufmann.

Innanzitutto un commento su gara 1 della Classic Endurance.

lavaggi_a
Giovanni Lavaggi, primo a sinistra nella foto, durante la premiazione dell’Imola Classic. Foto di Valentina Donatini

Ci siamo divertiti. La macchina è ancora tutta d’un pezzo e questa è la cosa più importante, perché abbiamo in mano macchine che valgono una fortuna. E’ piacevole riportarle alla competizione, però bisogna anche essere responsabili ed averne cura e rispetto.

Un evento internazionale come l'”Imola Classic” che torna dopo tre anni ad Imola penso sia un punto positivo per l’autodromo e la città, concorda?

Sì, ma è un punto comunque positivo per il motorsport in generale, perché far rivivere queste vetture che sono state un po’ le leggende del motorsport è importante.

Che opinione ha sulla F1 contemporanea, quella della rivoluzione legata all’introduzione delle power-unit?

Ehm…c’è una domanda di riserva? (ride, anzi, ridiamo ndr).

Rimembriamo i suoi GP disputati con Minardi e Pacific. Che ricordi ha di quella F1 e delle sue esperienze?

La mia esperienza in F1 è stata un po’ particolare, perché come tutti sanno sono arrivato lì in tarda età. Ero un rookie, ma ero il più anziano di tutti. Era una sensazione molto particolare per me. Avevo molta pressione addosso ovviamente, molto scetticismo. Tuttavia, penso di essere riuscito a dimostrare che io potevo benissimo stare in F1, nonostante ovviamente avessimo una vettura che pagava 200 cavalli alle macchine migliori. Era impossibile fare dei miracoli, però abbiamo sempre ben figurato e, a parte tutto lo stress e la pressione che avevo, è stata un’esperienza incredibile, perché comunque, correre in F1, per un pilota significa arrivare al top della propria carriera e solo in pochi ci riescono. Ero felicissimo per aver avuto questa opportunità.