F1 | Ferrari: più peso politico per tornare al vertice

Compreso il GP del Brasile che si correrà domenica mancano due gare alla fine della stagione. Per la Ferrari l’annata non è stata positiva ma la crisi che preoccupa di più non è quella in pista. A mancare, nei confronti della federazione, c’è anche il peso politico. Vediamo perché.

La Ferrari non vince un campionato del mondo da 9 stagioni, fu nel 2007 l’ultima volta con alla guida Kimi Raikkonen. Da allora ad essere onesti non solo la rossa non ha portato a casa mondiali ma raramente si è trovata a competere da favorita con i suoi avversari.

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Dopo la rivoluzione regolamentare del 2009 fu la Brawn GP a vincere a mani basse, seguita dal ciclo Red Bull in cui con Fernando Alonso si è sfiorato il titolo nel 2010. Nel 2014 nuovo cambio regolamentare, Ferrari più impegnata a contrastare l’avvento dell’era ibrida che a pensare come realizzare la Power-Unit e Mercedes diventata, non improvvisamente, la monoposto da battere e ad oggi imbattuta. Ma in questi anni la Ferrari cosa ha sbagliato?

A Maranello è mancata la continuità. Non mancano le risorse ne economiche ne umane per primeggiare ma forse è mancata la capacità di utilizzarle.

L’era Alonso è terminata senza ottenere nessun risultato, così come l’era Domenicali (con Todt al muretto l’anno del mondiale 2007). Passando per Mattiacci, traghettatore finale  incolpevole di una stagione fallimentare, arrivando all’attuale Maurizio Arrivabene in Ferrari tutto è cambiato, presidente compreso, ma i risultati non arrivano.

Cosa ben più grave, la Ferrari sembra aver perso quel potere politico che in passato per blasone e per vittorie si era conquistata. Il GP del Messico è un episodio lo dimostra, Hamilton , Rosberg, Verstappen, Vettel hanno tutti commesso delle infrazioni ma non per tutti la punizione è stata data o è stata equa.

Cosa ancor più grave è che durante i GP in terra Americana i rappresentanti della prossima proprietà della F1 hanno visitato le scuderie più importanti e tra queste non c’era la Ferrari. Questo dato fa riflettere su come oltre alla crisi di risultati in pista, la f1 è fatta di cicli ci può anche stare, ci sia una crisi dell’appeal e della potenza del marchio Ferrari in F1.

Marchionne è l’unico che può e deve metterci una pezza. Questa crisi serpeggia da anni. Mentre Montezemolo cercava di arginare con la FIA l’avvento dei motori ibridi la F1 stava cambiando direzione e la Ferrari non è stata pronta a cavalcare la novità. Da allora a Maranello si è spenta la luce.

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Montezemolo i risultati li ha portati, più di tutti. Al di la del personaggio amato o meno, l’ex presidente era un uomo non della Ferrari ma di Enzo Ferrari. Frequentava il muretto dai tempi di Niki Lauda, conosceva tutto e tutti, aveva vissuto quasi 40 anni di storia Ferrari e viveva la pista. Marchionne a parte pretendere risultati  e rimpastare la squadra cosa fa?

Il 2016 anno della vittoria a tutti i costi si è trasformato in un incubo tale e quale al 2014, la peggior stagione Ferrari dai tristi primi anni 90. Maurizio Arrivabene deve arginare questa depressione galoppante mostrando che il clima non è ciò che sembra e che Vettel è motivato e carico anziché teso come una corda di violino.

Sopra di lui Marchionne, l’unico che deve ridare alla Ferrari il peso politico che si merita e che non ha più, il tempo scorre e Mercedes cresce.

 

Alessandro Francese
Alessandro Francese
Appassionato di sport, motori e Alfa Romeo ho sempre cercato di fare dei miei interessi un lavoro. Dalla tesi su Gianni Brera al mio impegno quotidiano in una concessionaria, almeno in parte, credo di esserci riuscito. Questo però è solo l'inizio! "Se una persona non ha più sogni, non ha più alcuna ragione di vivere." Cit. Ayrton Senna

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