La stupenda favola del fuoriclasse più giovane di tutti i tempi ad esordire in Formula 1 si sta trasformando in un romanzo dalle tinte sempre più gialle. Dall’inaspettata vittoria in Spagna alle dichiarazioni al veleno in seguito alla gara di SPA, che cosa è successo al figlio di Jos dopo la pausa estiva? Ripercorriamo la stagione 2016 del “baby” fenomeno.
di Alessandro Bucci
Che siamo dinanzi ad un talento fuori dal comune, non ci piove. Che Verstappen dimostri una maturità francamente sconcertante per i suoi 18 anni, idem. Chi lo ha visto di persona, ha potuto constatare come il figlio di Jos “Versbatten” sappia destreggiarsi da professionista consumato in ambienti spesso non facili. Tuttavia, osservare il pilota di Hasselt rispondere con garbo e dovizia di particolari agli addetti ai lavori e poi vederlo in azione in pista, mentre effettua manovre dure, molto spesso ai limiti del regolamento contro avversari ben più titolati di lui, fa emergere il classico caso del “Dottor Jekyll & Mr Hyde”, tipico dei personaggi destinati a lasciare il segno.
Quando risponde alle domande, Max ti guarda dritto negli occhi, con un gelo misto a fanciullezza, senza mai perdere la compostezza e magari lasciandosi andare ad una battuta inaspettata. Carismatico, nella sua concentrazione e nella sua determinazione. Feroce, nel permettersi di prendere a “spallate” Campioni del Mondo e grandi talenti del Motorsport.
Autentico mago dei sorpassi in un’epoca, quella del DRS, che limita molto i piloti nell’esprimere il loro genio creativo, Max è il classico pilota che non vorresti mai trovarti negli specchietti. Sovente accusato sin dalle prime battute in Formula 1 da colleghi e fan di essere un “giovanotto arrogante”, Verstappen non ha mai prestato ascolto alle critiche, preferendo rispondere con la pista in diverse occasioni.
Ma facciamo un passo indietro, tornando al GP d’Australia 2016, prima tappa della stagione. Il giovanissimo olandese, dopo aver disputato un campionato più che convincente alla Toro Rosso nel 2015 cogliendo 49 punti e ben due quarti posti (Ungheria e USA), agguanta subito un punto, continuando il suo trend positivo. Ma c’è un aspetto che, forse, non in molti avevano calcolato: la discontinuità di Daniil Kvyat, pilota Red Bull dotato di talento, ma tendente all’errore nei momenti cruciali.
Il giovanissimo russo attacca in maniera del tutto regolare Vettel alla prima curva in Cina dopo la partenza, ma il tedesco perde le staffe e lo sgrida in mondo visione prima di salire sul podio. Un gesto che non ci saremmo aspettati dal quattro volte iridato (secondo a Shanghai), con un Daniil che, giustamente, ha tenuto testa a “Seb” discolpandosi e poi festeggiando la sua terza piazza. Il “fattaccio”, tuttavia, si consuma a Sochi, quando Kvyat pensa bene di tamponare per due volte nell’arco di poche centinaia di metri l’ex pupillo della Red Bull, distruggendo la gara di Vettel.
Vendetta o non vendetta, l’accaduto viene usato, molto probabilmente, come pretesto dai vertici del team di Milton Keynes per uno scambio di sedile all’interno della famiglia Red Bull, manovra mai verificatasi in corso d’opera dal 2006 (anno nel quale, oltre al team angloaustriaco era presente anche la Scuderia Toro Rosso).