Ecclestone ha venduto la F1 agli americani. Rappresentati da John Malone, proprietario della Liberty Media, l’America per la prima volta si trova a capo della categoria regina del Motorsport. Ecclestone per tre anni rimarrà amministratore delegato a garanzia e tutela di una formula mai troppo apprezzata oltre oceano.
L’America e la F1 hanno sempre avuto una relazione complicata. Le corse europee e quelle americane sono agli antipodi. La F1 è la ricerca della prestazione attraverso il top della tecnologia, in America conta prima di tutto l’esaltazione dello spettacolo.
Il dopo Ecclestone in F1 sarà americano, potrebbe essere per alcuni versi positivo ma per altri deleterio se la nuova proprietà non saprà cogliere l’essenza profonda della tradizione che rende speciale la Formula 1.
L’America alla Formula 1 ha dato 2 campioni del mondo, Phill Hill e Mario Andretti (americano un po’ italiano) oltre che 33 edizioni del Gran Premio degli Stati Uniti suddivise tra Indianapolis – quella vera è un’altra cosa – Phoenix, Watkins Glen, Detroit e dal 2012 la splendida Austin.
L’amore tra l’America e la Formula 1 però non è mai sbocciato del tutto. Fino a qualche anno fa l’accoglienza nei confronti del Circus è sempre stata un po’ freddina ma ora l’aria sembra stia per cambiare.
L’America a ruote scoperte è l’esaltazione dell’evento, uno spettacolo che riesce a mettere al centro di sè il suo pubblico incuriosito dai personaggi, interessato tanto piloti ma molto meno all’aspetto tecnico della competizione. Uno su tutti , la 500 miglia di Indianapolis, che ogni anno raccoglie folle che la Formula 1 si sogna. Le monoposto che vi partecipano sono lontane anni luce da livello tecnologico della Formula 1 ma non per questo sono meno divertenti per chi le guarda .
Il pubblico, come detto, in tutto questo ne è parte integrante.
In Formula 1 invece negli anni il pubblico è diventato quasi un fastidio. Si corre in posti orribili dove non c’è nessuno, oppure si attende ore per vedere da dietro una rete il proprio idolo per qualche secondo. L’America è un altro mondo e ha un altro modo di fare le corse e forse proprio per questo la categoria nata in europa non è mai riuscita a far breccia nel cuore a stelle e strisce.
Da quando c’è Austin l’aria è cambiata. Il tracciato è spettacolare, l’interesse cresce. Da quest’anno la Haas è una scuderia che vive grazie a capitali tutti americani anche se di fatto è una Dallara-Ferrari.
L’avvento in Formula 1 dell’America può portare risvolti positivi in primis nel coinvolgimento del pubblico e magari si spera, nel semplificare un regolamento diventato semi incompresibile persino per gli addetti ai lavori. Occhio però a non snaturare in nome dello spettacolo l’essenza della Formula 1.
La Formula 1 è la ricerca della massima prestazione attraverso la massima tecnologica, sempre. Questo le gare americane non sanno proprio cosa sia.