Storia di Mike Beuttler. Pilota inglese degli anni ’70 ritenuto da molti omosessuale.
Questa di Mike Beuttler è una storia mista a leggenda. Non una leggenda fatta di imprese epiche o gesti di indomabile coraggio, ma una leggenda nel senso unico della parola. Una leggenda di stampo metropolitano; una storia ipotetica su un personaggio “accusato” di essere omosessuale. Senza, però, ricevere dalla persona coinvolta né una conferma né una smentita. Manco ci fosse bisogno di dover accendere un microfono e parlare ad una platea di accaniti sciacalli in blocchetto di carta e penna per dichiarare di essere se stessi.
Ha lo sguardo basso, Mike, triste e malinconico. La camminata lenta, come se i piedi anziché solcare il passo, si trascinassero uno dopo l’altro in un cammino che non vuole affrontare. E’ pilota, Mike, ha probabilmente realizzato il sogno di una vita. Ma non è felice. Mike Beuttler è nato a Il Cairo il 13 aprile del 1940 da una famiglia inglese trasferitasi in Egitto per il lavoro del padre (graduato nell’esercito della Union Jack). Ritornati nell’isola di Sua Maestà, Mike lascia prestissimo le scuole e si dedica alla passione delle corse. Entra in contatto con Graham Warner e la Chequered Flag Team. Warner, proprietario del team, era già all’epoca indicato come probabile omosessuale. Manco fosse una colpa.
Nel 1968 la possibile svolta. Beuttler riesce a correre una stagione completa in F3 con una Brabham grazie all’appoggio dell’agente di cambio Ralph Clarke, famoso per il suo fiuto per gli affari ma anche per il fatto di essere apertamente gay. Il fatto che l’interessamento di Clarke per le corse prima di conoscere Beuttler fosse pari a 0, aumenta le voci su Mike. Il trentenne di Londra, però, dimostra che dietro le le voci si nasconde anche un pilota dal talento incredibile. Si guadagna il soprannome di “Mike Blocker” per la pulizia con la quale “blocca” gli avversari che tentano il sorpasso. Avversari che, per la cronaca, rispondevano ai nomi di: Hunt, Mogan, Walker, Trimmer, Watson.
Nel 1971, arriva altra benzina sul fuoco. Beuttler è ormai un pilota esperto sia in F3 che in F2 e pare pronto per il salto in F1. Sbucano altri 4 finanziatori, amici di Clarke, anch’essi agenti di cambio: David Mordaunt, Allistair Guthrie e Jack Durlacher. Insieme al già citato Clarke, fondano la Clarke-Mordaunt-Guthrie-Durlacher Racing e acquistano una March 711 giallo fiammante per Beuttler che debutta al Gp di Gran Bretagna del 1971. In Canada, riuscirà anche a guidare una March del team STP.
I risultati sono al di sotto delle aspettative. Anche nel 1972, quando arriva la 721, Beuttler non riesce ad uscire dal pacchetto di mischia del centro gruppo. Su di lui, invece, continuano a veleggiare leggende e malelingue. Si sa per certo che i 4 proprietari del team più Beuttler, erano un gruppo fisso all’interno del paddock. Uniti e compatti, era prassi vederli sempre a cena insieme e il fatto che tutti e 5 fossero accreditati di essere omosessuali, rendeva questa amicizia molto più che una prova.
Beuttler, che dei 4 era senza dubbio l’unico che sul piatto della bilancia del destino ci metteva le palle, sapeva bene che questa nomea le avrebbe stroncato la carriera. Così, nel tentativo di gettare acqua sul fuoco, si presentava ai week end con ragazze procaci e disinibite che sbandierava come sue conquiste. Anche qui, si sa che non erano bugie ma realmente amiche sue con la quale se la spassava.
Tornando in ambito corsaiolo, il 1972 è, come detto, un anno difficile sia per Beuttler che per la March. Con la casa inglese sempre più in caduta libera, la Clarke-Mordaunt-Guthrie-Durlacher Racing si affida ad un telaio 721G da F2 riadattato che, a sorpresa, ottiene miglior risultati di quello ufficiale: un ottavo posto in Germania.
Nel 1973, la Clarke-Mordaunt-Guthrie-Durlacher Racing tenta per l’ultimo anno l’avventura in F1. La nuova 731 è senza dubbio meglio della sorella, e Beuttler arriva addirittura ad accarezzare la zona punti in Spagna con un bellissimo settimo posto. Sarà il suo miglior risultato in carriera. Con la crisi economica che ricade su Londra a fine anno, la Clarke-Mordaunt-Guthrie-Durlacher Racing capisce che non ha altre finanze per proseguire, così rescinde il contratto con March e Ford e chiude i battenti.
Beuttler sparisce, per poi ricomparire qualche anno più tardi correndo la 1000 Km di Brands Hatch con una Ford privata. E’ l’ultima volta che lo si vide al volante di un auto da corsa.
Sempre più timido, remissivo e chiuso in se stesso, decide di emigrare negli States e in particolare a San Francisco dove tenterà anche la carriera del giornalista con buoni risultati. Intraprenderà anche affari che si incrociano con nomi americani famosi per la loro vicinanza alla comunità omosessuale.
Sempre con quella camminata malinconica, con quei passi che si trascinano uno dietro l’altro, morirà a pochi giorni dalla fine del 1988, il 29 dicembre, ucciso dal virus che non perdona proprio nessuno: l’HIV. Senza sapere se la felicità lo abbia lambito anche al di fuori delle corse.
Questa è la storia di Mike Beuttler. La storia di un bravo ragazzo con la malattia delle corse e un talento manco tanto scarso che ha solo avuto una, enorme, sfortuna: essere nato in un mondo dove si vuole correre a 300Km/h, ma non si ha ancora l’intelligenza di capire che le cose rotonde rotolano.