Scompare all’età di 73 anni Chris Amon. A darne l’annuncio è la famiglia con un comunicato.
E’ morto nella notte, all’ospedale di Rotorua, il pilota più sfortunato nella storia della Formula 1. Chris Amon, infatti, possiede i poco invidiabili primati di pilota con maggior numero di pole position e chilometri in testa ad un Gran Premio senza averne però mai vinto nemmeno uno. Leggendari alcuni ritiri quando era in testa. Come a Spa nel 1968 quando, in fuga solitaria per la vittoria, si ritirò col motore della sua Ferrari 312 arrosto. Causa? Una pietra ha colpito, forando, il radiatore della sua Ferrari.
Storie e leggende sulla sua sfortuna a parte (ce ne sarebbero da raccontare) con Chris Amon scompare l’ultimo rappresentante ancora in vita della Formula 1 Made in Oceania. Una generazione che ha regalato al motorsport talenti cristallini come: Bruce Mclaren, Denny Hulme, Jack Brabham e tanti altri.
Chris Amon muore stroncato dal più brutto dei mali: un tumore che lo affliggeva da tempo. Era nato a Bulls nel 1943, ma si trasferì giovanissimo in Europa per inseguire il sogno di diventare un pilota professionista. Nel suo palmares al di fuori della Formula 1, troviamo anche una 24 ore di Le Mans e una 24 ore di Daytona (Si, quella Daytona: quella dell’arrivo in parata Ferrari nel 1967). Collaudatore straordinario, ha fatto della sua capacità di sviluppare la vettura una vera e propria arte, fino a guadagnarsi gli elogi di uno come Enzo Ferrari. Sul finire della sua carriera, divenne anche un eccellente talent scout, capace di scovare molti nomi tra Usa e Europa. Uno su tutti: Gilles Villeneuve.
Su di lui, ne hanno dette tante. Dalla più “simpatica” di Mario Andretti: “Se Amon cominciasse a fare il becchino, la gente smetterebbe di morire” alla più veritiera di Bruce Mclaren: “Amon aveva il record di Spa ma aveva paura di correre a Indianapolis; se avessero dipinto i pini delle Ardenne sui muretti dell’ovale, Chris avrebbe vinto la 500 miglia!“. Ed è bene ricordare che Amon, pur non avendoci mai vinto, è considerato in assoluto lo specialista di Spa. La vera Spa-Francorchamps, quella con ancora il rettilineo Masta e le curve di Holowell o Burnenville.
Durante la presentazione della sua autobiografia, disse: “Pensavo di dedicare un capitolo agli amici e colleghi morti. Ma dopo un paio di minuti mi sono accorto quanto fosse lungo l’elenco”. Ora è bello immaginarlo così, a poche ore dalla sua morte, indossare il suo casco Jet con il Kiwi sul fianco e i colori neozelandesi sulla calotta, mentre saluta dopo tanto tempo i suoi amici scomparsi che lo aspettavano nei garage dopo il tornante della Source a Spa. Finalmente di nuovo tutti insieme. I semafori si spengono e via, giù, verso la Eau Rouge, magari, per sempre.